carne-pesce-uova

Oggi più di mai, “In medio stat virtus”: buonsenso e buongusto tradizione della dieta all’italiana.

Servono in ogni caso misura nelle quantità consumate per evitare possibili risvolti negativi per la salute e garantire la sostenibilità degli allevamenti.

Il recente rapporto dell’ OMS (l’Organizzazione mondiale della sanità) che ha messo sul banco degli accusati la carne – in particolare quelle rosse, con una semplificazione comunicativa che francamente stupisce – quale causa di una miriade di malattie, ha comunque avuto il merito di aver portato all’attenzione generale due aspetti critici molto importanti: 1) che in alcuni paesi (Usa in primis ed altri, per lo più del Nord del mondo) il consumo pro capite di carne è eccessivo (e come tale negativo per la salute umana con conseguenze anche economiche e sociali di prima grandezza); 2) che a fronte dell’aumento della popolazione mondiale è impensabile che gli allevamenti tradizionali (in particolare quelli bovini) possano reggere il peso di una domanda di carne al tempo stesso diffusa su scala globale ed eccessiva. Tenuto conto che la coperta è troppo corta per coprire tutto e tutti, è giocoforza uno sforzo su scala globale per razionalizzare le risorse, eliminare gli sprechi e ridurre le disuguaglianze fra popolazioni e stati diversi da un lato puntando sulla ricerca tecnologica (ad esempio i cosiddetti novel foods, insetti compresi, incentivando l’acquacoltura e l’allevamento razionale e diffuso degli avicoli), dall’altro promuovendo la coltivazione di colture vegetali altamente proteiche e di cereali più produttivi. Una sfida gigantesca che, nolenti o volenti, tutti coinvolgerà e la cui riuscita dipenderà, anche se non soprattutto, dalla capacità che avremo – come genere umano – di attenuare o semplicemente subire i cambiamenti climatici che potrebbero rivelarsi letali per tanta parte del pianeta.

Arrivati a questo punto, sia pure con una punta di cinismo, vogliamo dire il cinismo che sprona comunque a vivere e a sfangare le difficoltà individuali ed anche collettive della vita, ci sembra utile volgere lo sguardo sull’evoluzione tecnologica nella produzione degli alimenti carnei che ha caratterizzato gli ultimi decenni. Una svolta epocale che, pur tra errori e discrasie, ha dato un contributo fondamentale alla messa a disposizione di masse sempre crescenti di popolazione di alimenti a base di carne e pesce di buona qualità, sicuri, controllati e a prezzo accettabile. Sono questi i concetti fondamentali che sono emersi nel corso di una conferenza, svoltasi in ambito Expo, organizzata congiuntamente da NFI (Nutrition Foundation of Italy) e il Dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari dell’Università di Milano.

Carni e pesce – qui prescindiamo da considerazioni etiche, filosofiche o religiose che inducono molti a rinunciare al consumo persino del latte, del formaggio e delle uova: scelte che non condividiamo ma ovviamente rispettiamo – è stato sottolineato con convinzione da diversi e riconosciuti esperti – apportano proteine di elevato valore biologico, lipidi particolarmente importanti (soprattutto i pesci marini), vitamine (in particolare del gruppo B) e minerali (ferro, zinco, selenio, fosforo e iodio) indispensabili per sostenere la crescita dell’organismo umano e garantire la sua funzionalità nel tempo. La riprova di questa affermazione è nella constatazione che i nati negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso sono stati mediamente più alti e complessivamente più sani dei loro genitori e nonni in quanto avevano potuto mangiare più carne rispetto a loro. Merito anche – non lo dimentichino i non di rado pseudo-gourmet, sazi quanto annoiati, che discettano con la puzza sotto il naso del “cibo industriale” che non è come “quello di una volta” dimenticando che per nutrirsi “non si deve” spendere una fortuna – della tecnologia di produzione e di conservazione degli alimenti che ha letteralmente rivoluzionato il modo di mangiare e fare cucina. Nel caso delle carni e del pesce l’utilizzo del freddo (prodotti refrigerati, congelati e surgelati) e delle alte temperature ( per la pastorizzazione e la sterilizzazione) hanno rappresentato e rappresentano ancora dei veri e propri punti fermi. In altre parole vogliamo dire che le tecnologie applicate alla conservazione e alla trasformazione dei prodotti alimentari sono amiche del consumatore. Certo – lo sottolineiamo anche se dovrebbe essere assiomatico – a condizione che tutte le operazioni vengano condotte nel modo dovuto, siano rispettate le regole e i controlli pubblici effettuati con il necessario rigore.

Concludiamo con un accenno alle cosiddette “scatolette” metalliche, da alcuni definito spregiativamente “barattolame”, da tutti utilizzate, anche da chi le disprezza a parole. In quanto comode, pratiche, igieniche e, perché no?, economiche. Sono uno dei pochi regali che l’esercito di Napoleone ha lasciato ai posteri. Oggi come oggi, prodotte con tecnologia sempre più raffinata, più leggere e al tempo stesso più resistenti solo rispetto a pochi anni fa, siano d’ alluminio (più duttile) che in lamina d’ acciaio, garantiscono un’ottima conservazione degli alimenti e, particolare non da poco, la più completa riciclabilità degli imballaggi vuoti.

Leave a Reply