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LE DIVERSIFICATE UTILIZZAZIONI DEI COSIDDETTI “COPRODOTTI” DELLA MACELLAZIONE DEI BOVINI:Alimentazione umana e degli animali da compagnia – farmaci e protesi chirurgiche – pet toys . E, con gli scarti, è possibile produrre biogas.

Dalla macellazione dei bovini – eseguita in impianti adatti che per prima cosa devono rendere il meno dolorosa possibile la morte dell’animale e facilitare tutte le successive fasi di lavorazione della carcassa ovviamente nel rispetto di scrupolose norme d’igiene, in primis nell’interesse anche economico del macellatore – è oggi possibile ricavare tutta una serie di materie prime che danno vita ad una vera e propria filiera che coinvolge diverse realtà produttive. Si può ben dire che quello, che solo pochissimi decenni fa e soprattutto nei piccoli macelli abbinati alla macelleria tradizionale, rappresentava un problema pratico ed economico non da poco (lo smaltimento dei rifiuti organici) si è ormai trasformato in un “quinto quarto” rafforzato da integrazioni produttive e commerciali non di rado sofisticate. Anche dei bovini ormai, come si dice da sempre del maiale, “non si butta via niente”. Dal sangue alle ossa (trasformate in pet food e soprattutto gelatine per uso alimentare) alla pelle, da sempre utilizzata per la produzione di cuoio o pellami di qualità ed utilizzi diversi, dall’abomaso (uno dei quattro stomaci dei bovini) dal quale si ricava il caglio per la caseificazione del latte, dal grasso ai rifiuti organici propriamente detti “valorizzati energeticamente” per la produzione di biogas, tutto può essere utilizzato al meglio. Se ne ricavano molti prodotti, anche sofisticati e poco conosciuti se non dagli addetti ai lavori, che chiudono il cerchio di una entità economica, quale è quella dell’allevamento bovino da carne, che non può e non deve essere più ristretta al solo ambito della produzione di carne edibile per uso umano. Di seguito chiariamo il concetto con alcuni esempi, semplicemente indicativi, di quanto oggi come oggi è prodotto partendo da quelli che gli addetti ai lavori chiamano “coprodotti della macellazione”, non senza aver sottolineato che numerosi ricercatori sono impegnati – è la sfida da vincere nel futuro prossimo – a trovare metodiche e sistemi che consentano di recuperare proteine ed altri nutrienti per l’uomo da questi coprodotti che, se mal gestiti – non dimentichiamolo – possono trasformarsi in problemi igienico sanitari importanti.

Il sangue bovino (dai 25 ai 30 litri per capo) è prezioso. Al di là dell’utilizzo alimentare sotto forma di insaccati tradizionali oggi non graditi più di tanto e di legante e/o coadiuvante nella cottura di alcuni cibi, è per lo più trasformato industrialmente. Se ne traggono plasma ed emoglobina. Quest’ultima, di colore rosso scuro, estremamente solubile è molto utilizzata quale colorante ed anche ingrediente del cibo degli animali da compagnia. La farina di sangue essiccata, con processi molto spinti di disidratazione, si trasforma in fertilizzante di qualità (e costa non poco), particolarmente ricco di carbonio, per lo più utilizzato in orticoltura e in floricoltura in quanto migliora considerevolmente l’aspetto visivo delle piante e dei fiori. Molto importante l’utilizzo in campo medico dell’emoglobina stabilizzata che, in caso di calamità e/o eventi particolarmente gravi, può rappresentare un rimedio d’emergenza (ancorchè temporaneo) dovuto anche al fatto che per la sua conservazione non necessita di refrigerazione. Dal sangue dei vitelli l’industria farmaceutica è in grado di sintetizzare un enzima che ha un alto potere cicatrizzante; mentre dal plasma vengono ricavate fibre a loro volta utilizzate per la produzione di cerotti cicatrizzanti.

Ed ora una curiosità che va letta tenendo conto dello stato di miseria e di degrado ambientale che caratterizza tanta parte dei territori sub sahariani. Un architetto inglese, certo Jack Munro, ha recentemente prodotto un mattone impermeabile composto da un impasto di sabbia e conservanti cotto a soli 70 gradi per un’ora. In sostituzione dell’acqua, preziosissima in quelle terre tremendamente desertiche, ha usato del sangue bovino. Se l’esperimento dovesse riuscire, il sangue bovino andrebbe a sostituire gli escrementi animali tradizionalmente usati in quelle zone nella costruzione delle abitazioni.

Passiamo ora ad argomenti più gradevoli ed “olfattivamente” meno invasivi. Il riferimento va ai cosiddetti “nervetti”, lo sfizioso quanto tradizionale – non a caso è conosciuto con l’appellativo di “frattaglia bianca” – piatto italico che si ottiene dalla lessatura di tendini e cartilagini dello stinco bovino. E’ un piatto magro, ricco di proteine. Dalle cartilagini in genere, previo trattamento, si ottengono addensanti naturali e additivi alimentari che migliorano alcune caratteristiche fisiche di prodotti alimentari quali l’aspetto, la consistenza e la stabilità nel tempo. Dalla cosiddetta condroitina (ottenuta dalla lavorazione del collare cartilagineo della trachea) l’industria farmaceutica produce medicinali per il trattamento delle artrosi. Anche dal collagene (una proteina) che costituisce il principale elemento fibroso di pelli, tendini, cartilagini ed altri organi dei vertebrati, si ottengono altri prodotti che trovano impiego in medicina e in odontoiatria.

Ricordato che con rumine, reticolo ed omaso (tre dei quattro stomaci dei bovini, si ottiene, dopo opportuna lavorazione, l’italianissima trippa) è d’obbligo un accenno all’abomaso, il quarto stomaco. Da quello del vitello da latte viene estratto il caglio naturale – il migliore in senso assoluto, l’unico permesso dai disciplinari dei formaggi Dop – indispensabile per la trasformazione del latte in formaggi. Il caglio bovino, conosciuto anche come presame, contiene infatti enzimi capaci di “digerire” il latte e quindi di coagularlo a seconda delle diverse destinazioni e qualità. Il caglio bovino, prodotto da aziende specializzate, è disponibile in tre qualità: sotto forma liquida (soluzione filtrata di colore bruno ed aroma caratteristico), in polvere (solubile in acqua, è ottenuto tradizionalmente saturando con sale il caglio liquido) e in pasta (in questo caso contiene la lipasi che agisce sul grasso del latte producendo acidi grassi liberi che conferiscono un caratteristico sapore piccante al formaggio). L’abomaso può anche essere mangiato direttamente. L’uso forse più celebre è quello del lampedrotto, il tradizionale panino dei trippai fiorentini, così chiamato dalla forma allungata e dal colore scuro che richiamano la forma della lampreda, pesce anticamente molto diffuso nell’Arno che attraversa l’affascinante città del Giglio.

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