La riduzione del consumo di fertilizzanti chimici e la contemporanea valorizzazione di un rifiuto che porta fra l’altro benefici effetti sulla struttura e le proprietà pedologiche ed agronomiche dei suoli consente, come si diceva un tempo, di prendere due piccioni con una fava. Controindicazioni d’ordine tecnico, superabili agendo correttamente, sono le emissioni odorigene da tenere sotto controllo e la carica batterica da monitorare con la dovuta attenzione. Del resto si tratta di grandi numeri e di grandi quantità sia in termini economici che di gestione di vere e proprie materie prime secondarie.

In Europa si stima che la produzione annua di fanghi biologici derivati dalla depurazione delle acque reflue civili assommi a circa 10 milioni di tonnellate espresse in sostanza secca (s.s). In Italia le stime indicano una produzione di 1,2 milioni di tonn di s.s. utilizzate come segue: 43% agricoltura, 26% incenerimento, 14% discarica, 17% usi diversi. Balza immediatamente all’occhio la percentuale ancora troppo elevata (14%) di fanghi avviati allo smaltimento in discarica (solo costi e nessun ritorno) e all’incenerimento. Sono considerazioni di carattere generale  condivise sia a livello ministeriale italiano che in ambito comunitario.

In linea di principio, vuoi per il recupero delle componenti anche inorganiche presenti nei fanghi che per l’importante apporto di sostanza organica in terreni per lo più defedati da sfruttamento agricolo intensivo, l’utilizzo in agricoltura dei fanghi biologici ormai costituisce la prima scelta, da farsi in base a scelte ed opportunità diverse. Fra le quali si segnala l’utilizzo del cosiddetto ammendante compostato da fanghi, in altri termini un ammendante cioè un prodotto che migliora il terreno dal punto di vista nutritivo. Prodotti ampiamente usati sia in agricoltura che in ambito hobbistico, ottenuti  a mezzo di un processo di trasformazione e stabilizzazione di rifiuti organici diversi quali  reflui zootecnici, fanghi biologici propriamente detti e frazione organica dei rifiuti solidi urbani.

A fronte della grave carenza di sostanza organica che coinvolge circa il 40% dei suoli agricoli europei e all’altrettanto grave e correlata carenza di fosforo – apporto  per la quasi totalità derivato dall’estrazione delle rocce fosfatiche – il recupero in forma massiva e coordinata della sostanza organica e del fosforo presente nei fanghi biologici è diventata una vera e propria esigenza, per non dire una priorità economica e sociale. Su larga, larghissima scala.

Premesso che  il carbonio – C – costituisce l’ammendante per antonomasia e che C costituisce il 50-60% della sostanza secca presente nei fanghi, i fanghi consentono l’immobilizzazione di carbonio sotto forma di humus a lento rilascio: l’uso costante può incrementare del 0,5-1% anno il contenuto di sostanza organica dei suoli.

Ipotizzando il recupero in agricoltura di tutti i fanghi biologici teoricamente producibili in Italia, 1,2 milioni di ton di sostanza secca, sarebbe possibile conseguire risultati importanti tanto sotto il profilo economico che tecnico. Ad esempio il recupero di 36.000 ton di azoto pari a un consumo di 78.200 ton di concimi per un valore di 28,173 milioni di euro. Per quanto concerne il fosforo, materia prima quanto mai ricercata e di tutt’ altro che facile reperimento in natura, il recupero sarebbe di 12.000 ton equivalenti a 26.000 ton di concimi per un risparmio di 9,9 milioni di euro. In totale 38 milioni di euro. I dati appena riportati e gli altri che corredano questo articolo li abbiamo desunti dalla relazione che Marco Negri e Alberto Tenca, tecnici di A2A  Ambiente, hanno tenuto a Milano, lo scorso maggio, nel corso di un importante convegno specialistico.

In conclusione l’utilizzo dei fanghi biologici, grazie all’immobilizzazione del carbonio nel terreno, riduce le emissioni di Co2, contrasta i processi di desertificazione sempre più latenti a causa dei cambiamenti climatici e, più in generale, riequilibrano le perdite di sostanze organiche dovute alle coltivazioni monoculturali intensive. Detto dei molti pro, è  a questo punto doveroso ricordare anche i contro. La presenza dei metalli pesanti (Zinco, Rame, Nichel, Cromo, Piombo) va ricercata nei suoli prima dello spandimento dei fanghi per evitare un possibile effetto di accumulo dovuto allo scarico nella rete fognaria di contaminanti legati all’attività antropica e/o alle attività produttive. La presenza dei patogeni, che va ovviamente monitorata con la dovuta attenzione, dipende dai processi cui sono stati sottoposti i fanghi non trattati.  Per quanto concerne i residui della depurazione delle acque reflue, necessitano controlli per la presenza di batteri, virus, funghi e protozoi. I fanghi da attività alimentari (caseifici, mattatoi, stabilimenti di lavorazione delle carni) vanno tenuti sotto osservazione per la presenza di listeria, streptococco e batteri coliformi. Infine un cenno ai cosiddetti composti organici: sono connessi principalmente alle attività industriali, allo stato di conservazione e manutenzione della rete fognaria , ma anche all’uso di prodotti domestici per la cura della persona e i farmaci. Infine, aspetto da non sottovalutare per quello che è stato definito il concetto di “ accettazione locale “, il traffico  di mezzi pesanti e gli odori che possono risultare veramente molesti, anche e forse soprattutto, in concomitanza con una gestione non attenta e corretta delle pratiche di spandimento.

.Nell’ottica della cosiddetta economia circolare, ormai non una opzione ma una vera e propria necessità, dal mare magnum dei rifiuti biodegradabili ( fanghi, frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), reflui zootecnici, sfalci e potature) alimentato da agricoltori, industrie alimentari, consumatori, ristoratori e rivenditori è possibile recuperare per l’utilizzo agricolo molti prodotti: fanghi trattati (biosolids),  compost e digestato (un sottoprodotto degli impianti di biogas). Prodotti importanti e come usa dire oggi sostenibili, sono ottenuti con processi di digestione anaerobica (cioè in assenza di ossigeno), compostaggio, essiccamento e calcitazione (la somministrazione di calce sia viva che spenta). Del resto le quantità in gioco sono di prima grandezza. Il recupero dei nutrienti contenuti nei rifiuti (potenzialità europea di 2-5 milioni ton di azoto e 0,6 milioni ton di fosforo per uso agricolo)  consentirebbe di contrastare in misura considerevole il processo, energivoro e critico sotto il profilo ambientale, della produzione dei fertilizzanti chimici a cui vanno aggiunti i benefici derivanti dalla concomitante produzione di calore, gas, elettricità e biometano. E non va ovviamente dimenticato o sottaciuto l’aspetto occupazionale, che sarebbe tutto al positivo.

Come spesso accade quando la tecnologia innesca processi che il legislatore non riesce a governare con la necessaria tempestività, la normativa, sia nazionale che comunitaria, necessita di aggiustamenti e miglioramenti che consentano il pieno e sicuro sfruttamento di risorse che ancora oggi sono o non compiutamente sfruttate o, peggio, trascurate e sprecate. In ambito europeo è pressante la richiesta di una normativa “ organica “, di nome e di fatto, che istituisca il mercato unico UE dei concimi organici e ricavati dai rifiuti con regole uguali per tutti. Qui da noi in Italia, una significativa proposta del M5S di modifica della normativa nazionale in materia di utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura aspetta , in parlamento, di essere presa in esame. Obiettivi dichiarati della proposta sono la promozione dell’utilizzo in agricoltura a scapito dell’incenerimento e soprattutto – giustamente – del conferimento in discarica; l’aggiornamento dei parametri e dei valori limite da ricercare nei fanghi e presenti nei suoli per la tutela dell’ambiente e della salute umana; l’armonizzazione – problema di sempre nell’Italia suddita dei Tar – delle normative regionali e, aspetto innovativo, il raccordo con altre disposizioni normative afferenti le  bonifiche. E, infine, ma non in ordine di importanza per gli aspetti di conflittualità sociale che la tematica troppe volte scatena, disposizioni per rendere maggiormente efficace il controllo degli spandimenti in campo.

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