by ENEA

Interventi biotecnologici sulla flora batterica presente nelle femmine della zanzara, hanno permesso la neutralizzazione di virus e favorito la loro sterilizzazione. Aperta una importante possibile alternativa all’uso di prodotti chimici

Con buona probabilità sono gli insetti più odiati in assoluto per il fastidio e i disagi che procurano e, purtroppo, anche per le numerose malattie che veicolano. Sono chiaramente le zanzare, le temibili e a volte terribili zanzare che ovunque costituiscono un problema igienico-sanitario di primaria grandezza. Anche nelle città e non solo nelle campagne.

Ma una buona notizia, veramente buona e importante, merito anche dei ricercatori della divisione “Biotecnologie e Agroindustria” dell’italiana
ENEA, viene un poco a rinfrancare questa torrida estate di lutti e disgrazie a non finire.

Infatti i ricercatori ENEA – nell’ambito del progetto europeo INFRAVEC, con la collaborazione del Dipartimento di Virologia dell’Istituto Pasteur di Parigi – hanno sviluppato un metodo biotecnologico che limita la riproduzione della funesta Zanzara tigre e in buona misura inibisce le sue capacità di trasmettere virus tropicali possibili fonti di vere e proprie epidemie, anche gravi. Di origine asiatica, la zanzara tigre, rinvenuta in Italia per la prima volta nel 1990, nel 2007 ha lasciato il segno in Emilia Romagna con una epidemia di Chikungunya con oltre 200 casi replicati, l’anno scorso, tra Lazio e Calabria, con altri 300 casi. La malattia Chikungunya – da noi sconosciuta prima dell’arrivo della zanzara dal corpo zebrato: non a caso in lingua swahili significa “ciò che contorce”- dopo 2/12 giorni di incubazione provoca forti e debilitanti dolori articolari e muscolari tali da limitare i movimenti del malato che possono durare anche alcune settimane. Oltre alla Chikungunya la zanzara tigre può veicolare, altrettanto pericolosi, i virus di Zika e Dengue.

Il metodo biotecnologico ENEA – come riferito da Galileo Giornale della Scienza – sperimentato in laboratorio in condizioni di assoluto controllo per evitare possibili “fughe” di agenti patogeni oggettivamente pericolosi, si prefigge per l’appunto lo scopo di prevenire epidemie fra gli uomini causate da questi virus. “Il metodo – precisa Riccardo Moretti, ricercatore ENEA – non si basa su modificazioni genetiche ma sulla manipolazione della flora batterica naturale dell’apparato riproduttivo delle zanzare utilizzando ceppi batterici già comunemente diffusi nell’ambiente e assolutamente innocui per l’uomo. In pratica – sottolinea il ricercatore – attraverso la somministrazione di un antibiotico, il batterio Wolbachia viene rimosso dalle cellule del tessuto riproduttivo della zanzara e viene sostituito, tramite microiniezione embrionale, da varianti diverse delle stesso batterio prelevate, nel nostro caso, dalla zanzara comune e dal moscerino della frutta”. Stupefacente, e al tempo stesso intrigante, per i non addetti ai lavori. E ancora: “la prima variante del batterio Wolbachia rende i maschi in grado di sterilizzare le femmine selvatiche con cui si accoppiano, mentre è la seconda variabile che interferisce sulla trasmissione dei virus”.

“Grazie a questo metodo biologico – sono parole di Maurizio Calvitti della divisione “Biotecnologie e Agroindustria” di ENEA – il fattore di sterilità è ereditato da tutti i figli di una zanzara femmina che ne è portatrice. Inoltre, rispetto alla tecnica dell’insetto sterile tradizionale basata sull’irraggiamento con raggi gamma o raggi X, questo batterio ci ha consentito di ottenere, a costi e tempi di intervento inferiori, esemplari maschi più efficienti nell’indurre sterilità nelle femmine selvatiche”. Nel corso degli esperimenti le femmine hanno evidenziato l’azzeramento della trasmissione del virus Zika e una riduzione a meno del 5% dei virus di Dengue e Chikungunya. Per quanto concerne i maschi, va ricordato che il rilascio di maschi sterili costituisce un’ottima e spesso praticata alternativa in quanto altamente specifica ed ecocompatibile che, aspetto importante, consente di prevenire eventuali episodi di resistenza che, nel caso delle zanzare, sono difficili da gestire.

Il metodo ENEA, seppur non ancora utilizzato in Europa, è stato classificato dall’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche – ECHA – come biocida e come tale assimilato a formulati, miscele o metodi utilizzati per il controllo di organismi nocivi. Da parte sua il nostro Ministero della Salute ha dato il via libera alla sperimentazione in camnpo su aree controllate.
I risultati della ricerca ENEA sono stati pubblicati dalla rivista scientifica PLoS Neglected Tropical Diseas.

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