Il Messaggio della Conferenza Episcopale Italiana è stato formulato con una visione d’insieme – coniuga tradizione e modernità, difesa dell’ambiente e della dignità della persona con un ovvio richiamo ai valori religiosi – che al momento non ha purtroppo eguali nella società. Le forze politiche e sociali dovrebbero accorgersene e contribuire al miglioramento e alla conservazione di quell’autentica ancora di salvezza che è, oggi, l’agricoltura

La solenne celebrazione eucaristica, nello splendido Duomo di Pisa, è stata officiata nella sua cattedrale dall’Arcivescovo Mons. Giovanni Paolo Benotto e concelebrata da don Paolo Bonetti, consigliere ecclesiastico nazionale della Coldiretti (che con la CEI organizza la Giornata del Ringraziamento giunta alla 68.ma edizione) alla presenza, fra gli altri, del neo presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.
Quest’anno l’11 novembre, ricorrenza di San Martino di Tours, l’iconico protettore degli uomini dei campi, essendo caduta di domenica ha contribuito a solennizzare ulteriormente la suggestiva Giornata del Ringraziamento.

Messaggio per la 68ª Giornata Nazionale del Ringraziamento
11 novembre 2018

“… secondo la propria specie …” (Gen.1,12): per la diversità, contro la disuguaglianza

Quando la Scrittura parla del creato, lo fa sempre con un tono di ammirato stupore per la varietà delle creature che vivono in essa. Fin dalla prima pagina essa sottolinea come Dio benedica la bontà di questa vita plurale e differenziata: “E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona” (Gen. 1,12). E dello stesso stupore risuona il Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi: “Laudato sì, mi Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”.
La varietà della vita è dunque un dono prezioso, un valore intrinseco, che va tutelato. Lo sottolinea Papa Francesco: riprendendo S. Tommaso d’Aquino, egli ricorda che essa riflette quel mistero divino che non potrebbe essere espresso da un singolo vivente: “L’insieme dell’universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio” (Lettera Enciclica Laudato Sì, n.86).

Un’agricoltura per la diversità
Nel contesto della globalizzazione commerciale la varietà delle specie è stata pesantemente ridotta con la coltivazione su grandi estensioni di poche varietà colturali che meglio soddisfacevano le esigenze di una produzione alimentare industriale di massa; in particolare nei cereali. Si è progressivamente cercato di privatizzare la biodiversità agricola tramandataci dalla tradizione contadina.
La FAO, ci ricorda che nel 20° secolo nell’indifferenza generale è stato perso il 75% della biodiversità delle colture e come la perdita della diversità genetica delle piante, dei “parenti selvatici” di quelle che coltiviamo, sia una grave minaccia per la sicurezza alimentare; in particolare, per i più poveri impegnati nella lotta alla fame.
Siamo chiamati a riscoprire lo stupore della Scrittura quando parla della diversità e varietà del creato, immagine tangibile della generosità del Padre Nostro. La biodiversità non può essere sottomessa all’interesse prevalente di pochi, ma non può neanche essere limitata ad un pacchetto di risorse a nostra disposizione, perché nella bontà di quella vita plurale che Dio stesso benedice c’è il codice, l’impronta della generatività del Suo amore.
Una delle ricchezze del nostro Paese è la grande varietà di prodotti della terra, cui corrisponde un cibo di qualità (il 2018 è l’Anno del cibo italiano).
L’Italia dei mille borghi e dei mille campanili, con il mondo agricolo ha già reagito all’omologazione dell’agroalimentare globale, impegnandosi per la rigenerazione di un’agricoltura che vuole declinarsi in forme creative, valorizzando la ricca varietà di specie vegetali presenti e contribuendo così alla cura del creato nella sua diversità.
Così facendo, infatti, essa promuove quella complessa relazione tra terra, territorio e comunità, tra biologia e cultura, che costituisce una componente essenziale della realtà del Paese.

Un’agricoltura contro la diseguaglianza
I processi di omologazione globale dei mercati agroalimentari hanno mortificato quel contributo delle diversità culturali che, se ben indirizzato e nel rispetto dei diversi patrimoni, avrebbe contribuito a determinare una inclusione partecipata, sussidiaria e solidale dei popoli nell’unica famiglia umana.

Il modello di industrializzazione imposto dal pensiero neoliberista e mercantilista, evidente nel sistema economico-finanziario globale attuale, è basato sull’idea che tutto possa ridursi in merce attraverso il denaro. Le conseguenze non possono lasciare stupiti, ma neppure indifferenti: il declino inarrestabile del livello culturale, l’indifferenza per gli altri, gli effetti della disoccupazione, la decisione sulla distribuzione delle risorse naturali, l’impatto della recessione sulla qualità della vita.
L’associazionismo, la compartecipazione e la condivisione che caratterizzano il modello agricolo italiano, costituiscono gli agganci necessari per rendere salda e robusta la persona, la famiglia, la comunità che vive e opera in armonia nel contesto di un’economia di mercato inclusiva che valorizza e promuove le distintività locali.
Un sistema economico capace di rinsaldare il legame degli agricoltori con il territorio e di restituire fiducia al consumatore nella ricerca di maggiore tracciabilità e sicurezza degli alimenti e nella domanda di conoscenza del cibo, della sua provenienza e delle sue tradizioni, è anche capace di vivere e contemplare la biodiversità come ricchezza naturale e genetica su cui investire al fine di garantire forme differenziate di accesso al mercato.
Un’economia civile che si oppone all’economia dello scarto è un’economia che sa difendere il lavoro riconoscendo ad ogni individuo il proprio valore nel contributo personale che rende alla cura e allo sviluppo del Creato non solo per ciò che produce ma per i servizi che mette a disposizione della collettività, per il cibo – ma non per la merce – che offre e che riceve come dono.
L’agricoltura oggi più che mai è percepita come un bene collettivo, un mezzo di coesione sociale, dove l’accoglienza, l’ospitalità e la solidarietà sono punti di forza per l’abbattimento delle disuguaglianze di ogni genere. In questo contesto l’offerta multifunzionale dell’impresa agricola assume un ruolo strategico per le molteplici possibilità occupazionali che offre alle persone.
Papa Francesco ci invita a valorizzare i preziosi beni della terra: “Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato i confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all’umanità senza alcuna esclusione”.
Ecco, allora, l’impegno costante a “programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata” (Lettera Enciclica Laudato Sì, n. 164) capace di conciliare, nella sua dimensione morale, il pieno rispetto della persona umana con l’attenzione per il mondo naturale, avendo cura «della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato» ma non uniforme, perché l’uniformità rende la natura fragile, rigida, poco adattativa e poco incline alla sopravvivenza (Lettera Enciclica Laudato Sì, n. 5).
Ci guidi lo stupore della Scrittura e la benedizione di Dio che vide che quella molteplicità era “cosa buona”, come messaggio che, nel suo amore, c’è posto per tutti e tutto, perché solo l’insieme dell’universo con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio che cerchiamo di accogliere e da cui siamo rinnovati.

Roma, 31 maggio 2018
Visitazione della Beata Vergine Maria

LA COMMISSIONE EPISCOPALE
PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO,
LA GIUSTIZIA E LA PACE

L’AGRICOLTURA BENE COLLETTIVO E MEZZO DI COESIONE SOCIALE

Solo alcune brevi sottolineature di questo Messaggio che a noi sembra un vero e proprio documento politico nell’accezione più nobile del termine per l’ampiezza delle considerazioni e la visione globale che lo connota e che come tale meriterebbe ben altro spazio ed anche capacità.

1) Aspetto religioso: “E la terra produce germogli, erbe che producono seme, ciascuno secondo la propria specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona” Gen.1,12).
E’ lo stupore che prende, nella sua semplicità lessicale inversamente proporzionale alla complessità dell’annuncio, di fronte al grande mistero della vita. Spiritualità e misticismo che inducono a riflettere, o quanto meno dovrebbero indurci a farlo.

2) “L’agricoltura oggi più che mai è percepita come un bene collettivo, un mezzo di coesione sociale, dove l’accoglienza, l’ospitalità e la solidarietà sono punti di forza per l’abbattimento delle disuguaglianze di ogni genere. In questo contesto l’offerta multifunzionale dell’impresa agricola assume un ruolo strategico per le molteplici possibilità occupazionali che offre alle persone”.

Se da un lato colpisce il linguaggio specialistico un po’ da centro studi, dall’altro il richiamo all’agricoltura percepita come “un bene collettivo” (che, sottinteso, come tale va difeso e trattato) richiama a responsabilità enormi dell’agricoltura intesa nella sua interezza nei confronti sia degli uomini che dell’ambiente in senso lato. Responsabilità, anche sociali e politiche, ulteriormente precisate nell’affermazione che “l’offerta multifunzionale” dell’impresa agricola non può e non deve essere circoscritta al solo ambito produttivo in senso stretto.

3) “Laudato sì, mi Signore, per sora nostra terra, la quale ne sostenta et governa, et produce fructi con coloriti fiori et herba”, dal Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi.

Parole sublimi e sempiterne, quelle di San Francesco, di speranza e stupore che contrastano, inutile negarlo, con le angosce di questi giorni contrassegnati da calamità naturali senza precedenti, almeno nel nostro Paese. Non ci riferiamo alle alluvioni, purtroppo ricorrenti e delle quali noi italiani portiamo molte responsabilità, ma all’incredibile strage di boschi e di foreste soprattutto sulle Alpi, nel Trentino, in Alto Adige e in Lombardia che per la vastità e l’intensità del fenomeno richiamano più rivolgimenti geologici che il pur periglioso evolversi degli eventi naturali. Più che sorella, questa volta “matre terra” è stata – o sembra sia stata – matrigna: ma noi tutti siamo chiamati a fare un attento esame di coscienza collettivo e a quel punto, sperando che riusciamo a rinsavire almeno per il poco che può aiutarci a salvare il salvabile, prima o poi “matre terra, la quale ne sustenta et governa” – e mi preme sottolineare il “governa” che condiziona le nostre vite, sempre e comunque – tornerà a produrre “fructi con coloriti fiori et herba”. Lei, matre terra, che non ha problemi di tempo, vince sempre. Per definizione.

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