copertinalibropaolovi-1450437699941

L’omaggio e il grazie della Coldiretti bresciana al “suo papa” Paolo VI, grande pontefice spesso incompreso, non di rado vituperato ed oggi finalmente rivalutato.

Raccolti in un volume i discorsi pronunciati in occasione degli incontri con i quadri dirigenti dell’organizzazione agricola cattolica ed altri documenti “datati”, ma pur sempre di grande ed ancora stingente attualità.

Un’operazione culturale lodevole quanto, purtroppo, rara

In occasione dell’annuale Festa del Ringraziamento 2015, la Coldiretti di Brescia – nell’ambito delle iniziative inserite nel cosiddetto “Anno Montiniano” indetto dalla Diocesi bresciana per solennizzare la beatificazione (19 ottobre 2014) di papa Paolo VI – si è resa promotrice di un’iniziativa culturale, e non solo di attestazione di fede e di ringraziamento ad una figura di grandissimo spessore, di notevole livello sostanziata nella pubblicazione del volume “Paolo VI Discorsi ai coltivatori della madre terra”. Un’iniziativa assolutamente lodevole in quanto raccoglie i discorsi che Paolo VI ha rivolto ai quadri dirigenti della Coldiretti nei quindici anni del suo pontificato ed altri documenti (fra cui estratti della storica enciclica “Popolorum Progressio”) che sono ancora oggi fonte di riflessione e di studio quanto mai attuali. Curato con acume e sicura acribia dal giornalista di lungo corso su queste vie Luciano Costa, il volume è aperto dall’intervento del presidente della Coldiretti Ettore Prandini – significativamente titolato “Omaggio e riconoscenza”- seguito dalla prefazione del cardinale “bresciano” Giovanni Battista Re e dalle pagine del consigliere ecclesiastico don Claudio Vezzoli su “Saggezza e sapienza popolare”. “Lo stupore più grande, ha scritto Ettore Prandini, è leggere qualcosa che appartiene al passato (una cinquantina d’anni n.d.r.) ma che sembra scritto appena ieri” e, subito dopo, esplicita un sentimento forse finalmente diffuso in ambiti cattolici, che è poco definire un tempo restii, a confessare: “il rammarico è di non aver apprezzato prima il valore delle (sue) parole pronunciate” .

Paolo VI, anche per tradizione e cultura familiare, ha sempre avuto un occhio di riguardo per “l’antico e sacro mestiere” dei coltivatori nei quali vedeva, per la loro esperienza diretta, “la condizione di abitatori della campagna e di conoscitori del suolo, del clima, delle stagioni e del cielo” e come tali ammantati di spiritualità forse superficiale ed anche di maniera, quanto vera e sincera: “i generosi, modesti, energici contadini della campagna lombarda, gente sobria e concreta”, che ancora ricordano con affetto e riconoscenza il papa che ha vissuto sulla propria pelle i dubbi e le angosce postconciliari e, per quanto attiene l’ambito agricolo, l’esplosione della tecnologia e della cosiddetta “rivoluzione verde”, ma anche intravisto, prima di tanti altri soloni della politica o dell’economia, il rischio derivante dalla incongrua suddivisione delle ricchezze fra gli stati e lo sfruttamento dei paesi allora definiti “in via di sviluppo”. Eufemismo per non dire che facevano la fame.

Leave a Reply