Fem – G.Zotta

GRAZIE ALLA GENOMICA FRA POCHI ANNI Più QUALITà E SOSTENIBILITà NEI VIGNETI E NEI MELETI

 

Una viticoltura sostenibile di qualità necessita, fra altro, di programmi di miglioramento genetico classico e di nuovi metodi biotecnologici che possono contribuire a produrre viti resistenti alle principali malattie fungine.  E’ questa una delle principali piste di ricerca scelte e percorse dalla Fondazione FEM con molta determinazione che hanno portato a risultati di sicuro prestigio. “A livello di opinione pubblica – evidenzia il presidente di FEM, Andrea Segrè –  si parla molto di miglioramento genetico pur sapendone poco”. Da parte sua la Fondazione scommette convintamente sulla potenzialità delle biotecnologie moderne a favore della competitività e della sostenibilità in agricoltura. “Grazie alle nostre ricerche – afferma il presidente con orgoglio non celato – il Trentino è la prima provincia italiana ad aver ottenuto in laboratorio varietà viticole resistenti tramite il genome editing. Al momento questi procedimenti non sono ancora regolamentati, ma è solo questione di tempo e i nuovi prodotti, che non prevedono l’inserimento di Dna esterno, potrebbero mandare in archivio la dicotomia, prettamente ideologica, ogm sì/ogm no”.

Nell’ambito del miglioramento genetico classico la Fondazione Mach ha in essere da circa 10 anni un programma di miglioramento genetico orientato all’ottenimento di nuovi vitigni resistenti che presto potranno competere con i materiali registrati in Italia negli ultimi due anni.

Particolarmente interessanti risultano i nuovi approcci biotecnologici, già in uso nella medicina e nella microbiologia (tecnologia CRISPR/ Cas9), che da qualche anno sono oggetto di interesse nel settore vegetale. Queste tecnologie, nate nel 2012, hanno suscitato forte interesse nel mondo vegetale, in particolare per quanto concerne i cereali e le piante industriali (patate, pomodoro, soia), ma non sono ancora state applicate con successo nel settore frutticolo. Queste tecnologie sono la cisgenesi e il genome editing.

La cisgenesi è una tecnica simile alla transgenesi, ma molto meno impattante, perché lascia minime tracce del processo biotecnologico, e prevede l’inserimento nella pianta di un gene della stessa specie, quindi sessualmente compatibile. Il genome editing è nota come tecnologia CRISPR/Cas9: è una tecnica che non introduce nessun Dna estraneo nel genoma, ma modifica semplicemente la sequenza del Dna, riparando un gene, rendendolo adatto, ad esempio, a riconoscere un determinato patogeno.

Entrambe le tecniche possono portare all’ottenimento di varietà note, ad esempio Chardonnay,  con una caratteristica aggiuntiva, come la resistenza ad una o più malattie fungine. “Si intuisce immediatamente – sono parole di Riccardo Velasco, responsabile del dipartimento di Genomica dell’istituto che ha sede a San Michele all’Adige, in provincia di Trento – l’impatto di queste tecnologie nel mondo viticolo che più di altri settori apprezza le varietà esistenti di altissimo pregio che, per produrre vini di alta qualità, non sono ancora sostituibili  dalle nuove varietà resistenti ottenute tramite il  miglioramento genetico classico”.  Grazie all’impegno degli ultimi dieci anni nella genomica della vite San Michele è tra le istituzioni più competenti e preparate per mettere a frutto le competenze acquisite.

L’obiettivo finale, di importanza assoluta, è quello di mettere a frutto il sequenziamento dei genomi per creare varietà tolleranti ai cambiamenti climatici e resistenti alle malattie riducendo così l’input chimico in campagna nell’ottica di una agricoltura sostenibile.

SEQUENZIATO IL CODICE GENETICO DEL MICETE CHE PROVOCA LA PERONOSPERA DRLLA VITE.

Attesi importanti sviluppi nella lotta alla storica diffusissima infezione dei vigneti

Fem – Brega

La Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (TN) ha decifrato il codice genetico del patogeno che provoca la peronospora della vite, malattia responsabile ogni anno di gravi danni in Italia e nel mondo.  Si tratta della Plasmopara viticola, il cui genoma è stato da poco pubblicato sulla rivista Scientific reports (gruppo Nature).

I ricercatori hanno scoperto, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Provincia autonoma di Trento,  che la peronospora passa piccoli RNA e microRNA alla pianta ospite, che regolano l’espressione di geni dell’ospite in modo molto diretto. Inoltre è stata identificata una proteina della peronospora che interagisce direttamente con un gene di resistenza di vite.

Il genoma pubblicato riguarda uno specifico ceppo isolato di Plasmopara viticola che infetta la vite in Trentino che, tramite l’uso di sofisticati approcci genomici, ha prodotto una serie di risultati che potranno avere ricadute importanti nella lotta contro questo patogeno riducendo così l’uso di fungicidi di sintesi.

La Plasmopara viticola è un patogeno obbligato, ossia non può vivere autonomamente in quanto ricava l’energia necessaria per i processi vitali sottraendo i nutrienti alla vite connettendosi alle cellule di quest’ultima a mezzo di specifiche strutture (gli ”austori”).

La peronospera è una grave e diffusissima malattia arrivata dall’America settentrionale nella seconda metà dell’Ottocento che ha causato gravi ricadute, in Europa e non solo in Italia, soprattutto nelle zone più umide. Si riconosce per le caratteristiche macchie gialle presenti nella parte inferiore delle foglie, dette “macchie d’olio”.

“Questa pubblicazione – sottolinea il presidente FEM, Andrea Segrè – ci sprona a continuare a lavorare in attacco, ovvero nella ricerca più avanzata sul miglioramento genetico, per avere piante più resistenti. Nei nostri laboratori di San Michele stiamo anche investendo nella difesa, cioè nella protezione dalle principali patologie vegetali. In sostanza, il nostro è un lavoro a tutto campo per vincere la partita della sostenibilità”.

Teatro Naturale

Azeddine Si Ammour, il principale autore dell’articolo pubblicato su Scientific reports, precisa che  “P.viticola passa piccoli RNA e microRNA alla pianta ospite i quali regolano l’espressione di geni dell’ospite in modo molto diretto. E per controbattere all’attacco, la vite usa esattamente lo stesso processo per silenziare geni che sono coinvolti nella patogenicità”.

Oltre ad Azeddine Si Ammour, il gruppo di ricerca alla Fondazione Edmund Mach include Matteo Brilli, Elisa Asquini, Mirko Moser e Michele Perazzolli afferenti al Centro di Ricerca ed Innovazione  e Pier Luigi Bianchedi afferente al Centro di Trasferimento Tecnologico.

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