La raccolta degli oli vegetali usati a scopo alimentare costituisce una grande opportunità di protezione ambientale e di recupero di materie prime. Con il progetto Ecofin incentrato sulla conversione “bio” delle raffinerie di Venezia-Porto Marghera e Gela, ENI si pone all’avanguardia nella produzione di gasolio per autotrazione di alta qualità. Il ruolo trainante di CONOE (Consorzio per la raccolta e il trattamento di oli e grassi vegetali ed animali esausti) e di ENI.

Nel nostro paese continua a ritmo confortante l’incremento della raccolta differenziata dei rifiuti. Sottolineato che è sempre possibile fare meglio e di più, va al più presto “bonificata” la zona grigia rappresentata dall’ancora insufficiente raccolta degli oli vegetali esausti, cioè esauriti, di origine sia professionale (ristorazione in genere e produzione alimentare) che domestica. I dati del resto evidenziano con chiarezza la gravità del fenomeno che spesso non è percepita come dovrebbe. Nel 2018 – secondo rilevazioni del Conoe, il Consorzio Nazionale per la raccolta e il trattamento degli oli e dei grassi vegetali – sono state complessivamente prodotte 260.000 tonnellate di oli esausti, di cui 94.000 di pertinenza dei settori produttivi e ben 166.000 dalle attività domestiche. Il potenziale in ambito domestico è molto elevato in quanto solo il 25% viene al momento raccolto e avviato a trasformazione. Nel 2018 Conoe ha raccolto complessivamente 78.000 tonn., principalmente dalle attività professionali. Il 90% di quanto raccolto, opportunamente rigenerato, è stato utilizzato per addizionare il biodiesel di qualità sostituendo, fra l’altro, l’olio di palma. Il restante 10% è stato trasformato in prodotti per cosmesi, saponi industriali, inchiostri, grassi per la concia e cere per auto. Se si arrivasse – ed è una meta oggi possibile, non più chimerica – ad una raccolta di 200/230.000 ton. destinandole quasi integralmente alla produzione di biodiesel si avrebbe una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 790.000 ton./anno e un risparmio d’acqua di 282.000 m3 paragonabile al consumo medio giornaliero di oltre un milione di persone.

Il tutto è reso fattibile dall’entrata in funzione, con tecnologia d’avanguardia e su base ormai industrializzata, delle due raffinerie Eni di Venezia Porto Marghera – la prima al mondo ad essere stata riconvertita dalla raffinazione del greggio alla bioraffinazione degli oli e dei grassi – e di Gela (in Sicilia), avviata nell’agosto 2019. Il cosiddetto progetto Ecofin di Eni – funzionale alla produzione di carburanti di qualità come previsto dalla nomativa sia UE che nazionale – sta procedendo secondo i piani ed è pronto ad incrementare le produzioni. Nel 2021 a Venezia Porto Marghera la capacità dalle attuali 360.000 ton. incrementerà fino a 560.000 grazie anche all’utilizzo di alghe. Aspetto, questo, molto importante considerata anche la prossimità della laguna veneta e la necessità di contrastare l’eutrofizzazione delle acque della Serenissima e l’abbassamento dei fondali. A Marghera saranno inoltre convogliati quantitativi crescenti di grassi animali e di sottoprodotti della lavorazione dell’olio di palma. La capacità di raffinazione di Gela, anche qui con l’utilizzo delle alghe, sarà portata a 750.000 ton.

Gli oli vegetali esausti, così definiti in quanto assorbono le sostanze inquinanti derivanti dalla carbonizzazione dei residui dei cibi in esso cotti o fritti, se dipersi nel terreno possono depositare veri e propri film sottili quanto impermeabilizzanti decisamente nocivi tanto per il terreno che per le piante. La dispersione nei lavandini domestici – pratica assolutamente da evitare trattandosi di un inquinante vero e proprio, non per niente identificato con il codice ufficiale CER 200125 – può provocare, nell’acqua ferma, il cosiddetto stato lentiforme che può rendere persino inutilizzabili i pozzi e, se sversato in specchi d’acqua superficiale, formare pellicole impermeabili micidiali per la flora e la fauna acquatica.

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