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Scandaloso il comportamento del Laboratory of Pharmacology and Toxicology di Amburgo, famoso ed accreditato consulente anche della Commissione europea, che getta, dopo i “Monsanto papers”, un’ulteriore sinistra ombra sull’affaire internazionale Glifosato Sì / Glifosato No. Serve trasparenza e senso delle istituzioni da parte sia della scienza non asservita che delle autorità regolatorie

Il glifosate, l’erbicida forse più usato e contestato al mondo, continua a far parlare di sè. E non di certo bene.Per dire che lo scandalo dei cosiddetti “Monsanto papers” (i documenti “passati” in forma diretta dall’omonima multinazionale alle autorità sanitarie delegate al controllo degli eventuali rischi per la salute umana e del prodotto, che ne hanno trascritto intere pagine nella documentazione ufficiale di fatto asseverandole) continua. Lo si evince da un servizio pubblicato dal mensile “Il Salvagente” che evidenzia un fatto di sconcertante gravità che, se fosse accaduto in Italia, avrebbe scatenato quanto meno un putiferio mediatico: ma, in Germania, sono tutti bravissimi e molto attenti (al contrario di noi italiani) a silenziare quanto non va bene e, come si suol dire, a lavare i panni sporchi in casa.
Questi i fatti. Secondo quanto riferito da PAN (Pesticide Action Network) Germania, fonte autorevole, il famoso e più che accreditato Laboratory of Pharmacology and Toxicology di Amburgo, una vera e propria autorità in materia, consulente di prima linea della Commissione europea, sarebbe stato sorpreso a manipolare gli studi sulla tossicità del glifosate sostituendo gli animali morti durante le prove con altri viventi, declassando evidenze riferite a tumore a “infiammazioni” e “in generale distorcendo i dati per soddisfare i propri clienti”. Di qui la richiesta avanzata dal network PAN Europe alla Commissione UE di scartare le relazioni del laboratorio amburghese nell’ambito del processo di rivalutazione attualmente in corso per il rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosate nell’Unione europea.
Lo scrivente non può giudicare – per incompetenza tecnico-scientifica – della pericolosità o meno di questo famoso quanto chiacchierato diserbante che divide aspramente le schiere dei pro e dei contro, autorità regolatorie internazionali comprese: l’EPA, l’ente governativo statunitense di protezione dell’ambiente lo giudica “Non cancerogeno”; l’EFSA, Autorità per la sicurezza alimentare della UE, “Improbabile cancerogeno”: IARC, Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, al contrario, lo indica “Probabile cancerogeno”. Su posizioni di netta contrarietà, in ambito italiano, l’Istituto Ramazzini di Bologna.

Anche a prescindere dalle considerazioni di cui sopra, resta il fatto – per il cittadino europeo – che è francamente inammissibile che un laboratorio di riconosciuta fama sia solo sfiorato dal sospetto di aver scientemente falsificato i dati di laboratorio a scopo di parte. Dicesi di aspetti inerenti la potenziale pericolosità cancerogena di un formulato commerciale usato a tonnellate nelle campagne di tutto il mondo. E anche qui da noi. Un esperto della materia a noi ben noto per esperienza, capacità e probità personale, ha definito questa notizia, con tacitiana stringatezza, “devastante”. Devastante per i cittadini, per la scienza e per le istituzioni sia comunitarie che nazionali. Non possiamo e non dobbiamo accettarlo.

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