Alcune considerazioni da uomo della strada, che acquista al supermercato, intorno a lacrime che sanno di marketing studiato e forse cinico. E’ ora che la GDO faccia un serio esame di coscienza e ritorni a vendere la qualità intrinseca dei prodotti e l’eticità della straordinaria ortofrutta italiana

”Prendo spunto dall’editoriale di ieri del prof. Roberto Della Casa – scrive nell’”Opinione”, pubblicata oggi 8 gennaio con grande evidenza sulla primaria rivista online Italiafruit News, Claudio Mazzini, responsabile dei prodotti “Freschissimi” di Coop Italia, uno dei guru di questo mondo – per condividere apertis verbis una riflessione sul settore ortofrutta dall’osservatorio nel quale ho la fortuna di operare.

Il 2018 si chiude con dati mediamente negativi per tutta la distribuzione sia a volume sia a valore e questo nonostante l’ortofrutta non abbia nemici mediatici, dietetici o religiosi. Tuttavia dal 2000 ad oggi gli italiani hanno “rinunciato” a consumare oltre 1,7 milioni di tonnellate di frutta e verdura che riportati a casa di ciascuno di noi vuol dire 17 chili in meno di consumi di frutta e verdura freschi, in media 1,5 kg in meno ogni anno. Certamente sprechiamo meno, certamente la crescita di consumi più orientati al servizio (penso alle gamme più evolute che vanno verso il netto edibile) riducono inevitabilmente il “peso” della spesa, ma è evidente che come filiera abbiamo un problema e non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo.
L’ortofrutta oggi è mediamente meno buona di quanto non lo fosse anche solo dieci anni fa questo è il primo “lutto” da elaborare”.

Eccolo il punto nodale, ci permettiamo di sottolineare, che va affrontato insieme sì da tutta la filiera ma anche e soprattutto dalla GDO che deve saper elaborare il lutto nel senso che i consumatori non ne possono più di acquistare, e spesso pagare a caro prezzo, frutta senza sapore e profumi, dura come biglie da biliardo in quanto raccolta ben prima della maturazione o verdura gonfia d’acqua ma non certo ricca di sapori.

” Purtroppo – continua Mazzini – come da manuale, al momento vedo il settore dibattersi tra la negazione (non è vero, i dati non sono attendibili o peggio è solo colpa della stagione perché non ha fatto caldo/freddo); la rabbia (è colpa dei mercati, della mancanza di supporti politici, della grande distribuzione); il patteggiamento (adesso vediamo cosa può fare il marketing); la depressione. Ma fino a quando non arriveremo ad accettare che dobbiamo tornare a produrre la qualità che si aspettano i consumatori al giusto prezzo tutte le azioni che andremo a mettere in campo saranno palliativi. Dobbiamo rompere e invertire la spirale innescata da prodotti che fanno rese sempre maggiori, facili da coltivare, da raccogliere, da conservare, da esporre e manipolare, il tutto a discapito dei profumi, dei sapori, dei colori che fanno dell’ortofrutta un settore unico e meraviglioso”.

Ben detto, dr Mazzini – aggiungiamo noi – alleluia, e volendo anche elementare Sig. Watson! Ma si agisca, una buona volta, e non ci si limiti agli annunci di marketing.

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