Il “Nero” è rappresentato dalla reiterata volontà politica – bocciata a tutti i livelli – di riaprire l’uccellagione con le reti allo scopo di rifornire i “capannisti” di richiami vivi selvatici appena catturati, speculare il “Bianco” delle misure, anche economiche, di sostegno per la conservazione dei roccoli lombardi lodevolmente considerati significativi valori ambientali e culturali

Dalla fine di gennaio di quest’anno i circa ventimila cacciatori bresciani, in costante calo numerico e con età media individuale decisamente alta, hanno riposto, a chiusura di stagione, i fucili nei foderi. A bocce quasi ferme si può quindi tentare una qualche considerazione di carattere generale.
A fronte dei cambiamenti climatici che stanno sconquassando un po’ tutto l’ecosistema e con esso anche le rotte degli uccelli migratori pretendere, come molti “capannisti” e “migratoristi” si affannano a richiedere ad ogni piè sospinto, deroghe normative per incrementare le catture e le giornate di caccia non è comprensibile. Il continuo “richiamo” da parte di molti cacciatori (i più anziani) alla tradizione della caccia da appostamento fisso, se da un lato attesta una pratica venatoria – quella dell’uso degli uccelli “cantori” in gabbia che si perde nella notte dei tempi – non ci sembra giustifichi, a fronte delle odierne condizioni ecologiche generali ed agro-ambientali spesso compromesse, richieste di ampliamento degli spazi dell’attività venatoria.

Le tradizioni non di rado costituiscono un patrimonio di grande valore e come tali vanno valorizzate e difese ma quando vanno contro gli interessi della collettività, e gli uccelli sono un bene dello stato, e l’ambiente, devono essere modificate e, laddove necessario, bloccate. Suona quindi sostanzialmente incomprensibile – per quanto attiene gli aspetti ecologici, risultando invece ben chiaro il “sovranismo venatorio” implicito nella decisione – la delibera della Giunta regionale lombarda e dell’assessore Fabio Rolfi che la scorsa estate hanno tentato un blitz legislativo, giustamente stoppato a tutti i livelli, di consentire l’apertura temporanea di alcuni roccoli per permettere la cattura in particolare di tordi, merli e cesene che sarebbero andati a rimpinguare le gabbiette vuote dei capannisti. Una prospettiva, quella di catturare uccelli selvatici per rinchiuderli in gabbia ad uso richiamo, gestita direttamente dalla Regione, che risulta obiettivamente, prima ancora che inaccettabile, incomprensibile per gran parte dei cittadini. Anche per considerazioni etiche che ci sembrano condivisibili. Per continuare la loro attività senza chiedere regali legislativi i capannisti devono giocoforza adattarsi ad allevare gli uccelli da richiamo (attività peraltro molto impegnativa e costosa) o – sarebbe altamente auspicabile anche sotto il profilo culturale trattandosi di una vera e propria forma di arte popolare – dedicarsi al chioccolo (il richiamo a voce viva).

* da Corriere della Sera Brescia 03.03.2020

MISURE DI SOSTEGNO PER LA CONSERVAZIONE DI ROCCOLI PRESENTI IN LOMBARDIA, DELIBERA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA DEL 16 SETTEMBRE 2019

I roccoli in Regione Lombardia costituiscono architetture vegetali tradizionali dotate di specifiche peculiarità e tradizione storica che, in ragione della ampia varietà ed articolazione nelle diverse province lombarde, testimoniano un patrimonio ambientale e antropologico contribuendo ad un significativo arricchimento del paesaggio collinare e montano;

● le strutture citate versano attualmente in stato di semi-abbandono e pertanto necessitano di interventi di cura e ripristino degli impianti principali e delle strutture complementari;

● è quindi interesse di Regione Lombardia la tutela e conservazione del paesaggio rurale, garantendo la salvaguardia degli elementi arborei tra cui la conservazione di roccoli;

● è necessario sostenere le spese per gli interventi di conservazione e mantenimento dei roccoli al fine di impedirne il degrado vegetale e ambientale (all’uopo sono stati stanziati 200.000 euro n.d.r.)

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