<< In questi giorni, leggendo un breve ma sorprendente testo poetico di Clemente Rebora, il mio pensiero è volato a uno dei “ detti “ solenni e intriganti con i quali il nostro vecchio professore di agronomia, soleva iniziare le sue avvincenti lezioni: <Quando passa un carro di letame, levatevi il cappello. Passa il dio Stercuzio, il dio della fertilità>. E qui l’elogio di quel concime naturale che con il suo dissolversi favoriva la crescita di nuova vita. E, assieme, tesseva l’elogio della Natura, nella quale <nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma >.
Ed ecco il testo che ha provocato ricordi bucolici, scarsamente eleganti per la diffusa estetica dell’immagine che copre, stravolgendola. La realtà che non piace:

Dopo aver tanto agognato alle cime
E perso vita per viver sublime,
grazia m’è data di far da concime.

Sono versi di un ufficiale della Grande Guerra, intellettuale e poeta affermato, che a quarant’anni si fa religioso rosminiano, passando gli ultimi anni bloccato in un letto.

Clemente Rebora così riassunse la sua vicenda umana: dalla ricerca delle cime dell’affermazione personale, alla ricerca di una vita spirituale elevata, all’impotenza umiliante della lunga infermità, trasformata dalla grazia in una misteriosa utilità. E’ la vicenda di tanti uomini e donne che hanno cercato di realizzare al meglio i loro sogni, che si sono dati ad una forma elevata di vita intellettuale e spirituale e poi costretti all’inazione e, sovente, nella solitudine. Da protagonisti a soggetti passivi. Dalle cime a concime. Quello che è duro, quello che ripugna all’attuale estetica, è quella parola <concime>, così contraria all’umana dignità. Ma quando si ha la grazia di ricevere occhi nuovi e cuore nuovo, si può comprendere che l’umano si eterna, se si misura con la inelegante condivisione della fragile vicenda umana da parte dell’eterno, diventato elegantissimo fertilizzante della umana sterilità.

E questo sguardo nuovo è grazia, purissima grazia. Ma quando la grazia è data, giù il cappello, perché qui, sul lento carro che passa profumato in modo improprio, ma dal quale non si può discendere, è presente sotto mentite spoglie Colui che rende fertile ogni scarto e feconda ogni inutilità. Che grazia allora poter dire grazia m’è data di far da concime.

(da Corriere della Sera, dorso di Brescia, 7 maggio 2017)

 

QUANDO PASSA UN CARRO DI LETAME, LEVATEVI IL CAPPELLO. PASSA IL DIO STERCUZIO, IL DIO DELLA FERTILITA’

STERCUZIO, IL DIO DELLA FERTILITA’

Non è propriamente cosa di tutti i giorni leggere su un giornale – e una testata non banale quale il dorso di Brescia del Corriere della Sera – un articolo che tesse l’<elogio> del letame. Per il poco che conta, ne siamo rimasti piacevolmente sorpresi. Infatti,  una società come la nostra – <stercoraria> ad abundantiam quanto a linguaggio tanto che non abbiamo più nulla da imparare in questo senso  dai pur schifiltosi cugini francesi e che  si propone di rimuovere sistematicamente  ogni odore d‘origine organica, ripulsa forse inconscia della nostra animalità che comunque rimane –  ritiene che a livello olfattivo esista solo il <parfum> evocativo di suggestioni erotiche. Nella quotidianità non c’è solo il <parfum>, seppur da verificare quanto a gradevolezza ed eleganza olfattiva. C’è anche l’odore penetrante, non di rado sgradevole e persino ributtante che promana da cascami naturali ( derrate agricole ed alimentari i più diversi e soprattutto i liquami zootecnici, che sono altra cosa rispetto al classico e <vecchio> letame,   i fanghi di depurazione e  gli scarichi fognari. Realtà odorose sempre a dir poco fastidiose, in qualche caso insopportabili e che tendiamo a rimuovere in quanto argomento e/o accadimento di cui ci vergogniamo, ma che incidono pesantemente sulla vita individuale e familiare e addirittura collettiva quando, ad esempio, lo scarico intasato di un wc mette in crisi una casa o i miasmi di un depuratore fanno soffrire interi quartieri.

Ad adombrare queste problematiche  per così dire fisiche e fisiologiche con parole leggere  e quanto mai misurate e a portarci con mano lieve, partendo dalla sozzura  organica – che tale non è, anche se lo sembra – fino ad elevarci alle soglie della spiritualità cristiana,  ci pensa, da par suo, Pier Giordano Cabra: sacerdote piamartino che, in quanto tale, con l’agricoltura ha una dovuta consuetudine e familiarità: giornalista, teologo di riconosciuta fama e scrittore, per la casa editrice La Queriniana di cui è stato direttore, di numerosi libri di spiritualità tradotti in molte lingue. Il concetto base, che facciamo assolutamente nostro per quanto attiene gli aspetti fisici e materiali lasciando alla volontà e alla coscienza di ciascuno altre valutazioni d’ordine religioso più che implicite nell’articolo di Cabra, è che il letame – in senso lato la <sostanza organica> ben nota agli agronomi e a chi ha una qualche consuetudine con la coltivazione della terra – ha la meravigliosa proprietà, dissolvendosi, di favorire la crescita di nuova vita. E’ il succedersi continuo, nelle forme, le più svariate e diverse, del <nulla si crea e si distrugge, ma tutto si trasforma>, dello scorrere incessante della vita.

Per stare con i piedi ben piantati in terra, ci limitiamo a sottolineare che il carro del dio Stercuzio, inteso come divinità propiziatrice della fertilità dei campi, purtroppo, passa sempre più di rado per le campagne del nostro e di tanti altri Paesi. Infatti l’agricoltura moderna –  troppo basata su redditività produttiva e razionalità operativa di tipo agro-meccanico che hanno portato a stravolgere pratiche antiche di secoli –  si trova di fronte alla vera e propria emergenza causata dalla riduzione, se non assenza, di sostanza organica in tanta parte dei terreni agricoli. Un problema gravissimo che necessita di interventi complessi e coordinati pena l’inaridimento di tanta parte della superficie agricola nazionale – anche di quella più pregiata – come nel caso dei vigneti che tengono alto il prestigio dell’Italia nel mondo. Quella del suolo, inteso come consumo di un bene produttivo irripetibile e del miglioramento delle qualità chimico-fisiche che ne attestano le capacità produttive, è ormai una vera e propria emergenza tanto grave quanto poco conosciuta.

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