L’iniziativa congiunta della catena distributiva NaturaSì e di Legambiente punta al recupero di 2.500/3.000 tonnellate anno di ortofrutta scartata già in campo. A valle, per il consumatore, risparmi anche del 50 per cento

Ogni giorno il nostro sistema produttivo rifiuta una quantità enorme di cibo solo perché non è omogeneo nella forma e nella dimensione. Cibo meno ‘bello’, insomma, ma buono lo stesso, che non incontra un’ideale di ‘perfezione’ o di ‘standard’, che viene sprecato o non utilizzato a fini alimentari. In Italia si calcolano 36 chili di cibo a testa perduti ogni anno lungo tutta la catena di produzione, distribuzione e consumo che ci costano complessivamente tra i 12 e i 16 miliardi di euro.
In Italia e nel resto d’Europa il 21% dello spreco di frutta e verdura, secondo dati Fao, avviene direttamente nei campi. Alimenti che vengono scartati, lasciati sui terreni o utilizzati per fare compost, spesso a causa di imperfezioni, di mancata adesione agli standard che l’industria alimentare ha imposto in un primo momento ma che è poi diventata una condizione essenziale per l’accettazione da parte dei consumatori.

È proprio per sfidare questo modello che la catena distributiva NaturaSì ha lanciato con Legambiente un’iniziativa finalizzata a ridurre fortemente lo spreco di cibo nei campi. L’azienda del biologico ha così deciso di mettere a disposizione dei clienti i “Cosìpernatura”, prodotti imperfetti, solo un po’ più grandi o un po’ più piccoli, o semplicemente dalla forma insolita. Ma buoni lo stesso perché aventi le stesse proprietà organolettiche.
“Recuperando e mettendo in commercio quello che è appena più piccolo, o appena più grande o appena diverso, passiamo da un 20% circa di prodotto scartato sui nostri campi a un massimo, quasi fisiologico, del 4%” – sottolinea Fausto Jori, ad di NaturaSì. “ Nei nostri 500 negozi sono già presenti quelli che abbiamo chiamato i “Cosìpernatura”, prodotti venduti con una riduzione che arriva fino al 50% del prezzo degli stessi prodotti in versione standard. Si tratta di un contributo che vogliamo dare a una vera e propria inversione di tendenza in campo agricolo, alimentare e anche culturale. Spesso si dice che per sfamare una popolazione mondiale sempre crescente occorre più uso della chimica, dell’industrializzazione dei campi. Noi vogliamo cominciare ad affrontare questo tema con un salto di paradigma. Non sprechiamo quello che c’è, che abbiamo coltivato e per cui sono stati impiegati acqua, energia, lavoro, risorse. Uno schiaffo all’ambiente ma anche all’etica e alla sostenibilità sociale”. E come dargli torto?
“Lo spreco di cibo è uno dei problemi che affrontiamo da anni, attraverso un’azione costante della nostra rete territoriale impegnata a promuovere azioni concrete e a sensibilizzare i cittadini sugli stili di vita sostenibili anche nel consumo alimentare”, evidenzia da parte sua Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “In un periodo di emergenza socio-economica come quello che il Paese sta attraversando, l’iniziativa in collaborazione con NaturaSì va nella giusta direzione, perché valorizza ulteriormente l’offerta di prodotti bio con un impatto positivo sull’ambiente e sulla salute di ciascuno di noi. In questa nuova fase, siamo chiamati a ripensare i nostri modelli di consumo e a orientare le nostre scelte, anche e soprattutto tra gli scaffali, abbandonando le logiche di consumismo basate sulla standardizzazione dei prodotti agricoli e privilegiando alimenti che garantiscano un uso ecologico ed etico delle energie e delle risorse impiegate per la loro produzione”.
E che cambiare rotta sia possibile lo dimostrano i dati. Nella fase di prova del progetto “Cosìpernatura”, in un solo mese, da fine aprile a fine maggio, i prodotti messi a disposizione nei negozi da NaturaSì hanno toccato quota 795 tonnellate. L’obiettivo è recuperare 2.500-3.000 tonnellate di frutta e verdura “imperfetta” in più all’anno. Questo significa, stando ai numeri, che il percorso ambizioso dello “spreco zero” del raccolto è già stato intrapreso. Con un vantaggio per tutti. La necessità di essere belli per forza, infatti, oltre che un danno all’agricoltura e all’ambiente, comporta una perdita economica non da poco. L’omogeneità della forma e della dimensione dei prodotti agricoli, infatti, fa alzare, per lo scarto, il prezzo al consumatore e riduce il reddito dell’agricoltore.

Fonte: Ufficio stampa EcorNaturasì

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