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Natura-Morta-regio-IX-17-Foto-del-Parco-archeologico-di-Pompei

Si tratta di una categoria di nature morte denominate Xenia (doni ospitali):”dipinti che rimandano alla raffinatezza, non solo culinaria ma anche letteraria ed artistica, del padrone di casa”

La frutta, con i suoi colori, i suoi profumi e le sue svariate forme rappresenta una grande espressione di gioia, di voglia di vivere. I frutti sono un vero regalo della natura a prescindere dai contenuti nutrizionali: sono piccoli (a volte grandi) piaceri edonistici alla portata se non di tutti almeno di molti. Oggi come ieri, speriamo sempre. I frutti possono inoltre trasformarsi in un non abituale quanto utile regalo. In questo senso la tradizione giapponese, pur con i suoi eccessi, può insegnarci molto.
Una testimonianza strabiliante del valore simbolico della frutta viene dalla recente scoperta a Pompei, dopo circa duemila anni passati sotto la cenere vulcanica, di un pannello affrescato a sfondo nero raffigurante una natura morta. L’affresco è stato rinvenuto quest’anno nell’atrio di una casa già sottoposta a scavi sul finire del 1.800 nella cosiddetta Insula 10 della Regio IX. A detta degli archeologi il rinvenimento è importante soprattutto per la qualità dell’oggetto: una composizione al centro di un pannello a fondo nero con piani prospettici resi da mensole. Su quella superiore è poggiato un grande vassoio in argento ad anse mobili (una rarità) contenente un raffinato “cantharus”, esso pure d’argento, ricolmo di vino, “e diversi frutti secchi e di stagione”. Tra i frutti rappresentati nel vassoio – leggiamo in una nota di primo inquadramento storico archeologico su “E-Journal degli Scavi di Pompei” consultabile sul sito www.pompeiisites.org – “spicca per la posizione in primo piano una ghirlanda di corbezzoli gialli e foglie inseriti su di una asticella azzurra avvolta da un nastro rosso”. Sul vassoio due datteri, una melagrana e della frutta secca sgusciata. La porzione sinistra del vassoio è occupata da un oggetto “piatto ricolmo di altra frutta secca (si riconoscono un dattero e un fico) in parte sbriciolati”. La probabile presenza di spezie e/o di qualche condimento, “suggerisce, spiega l’esperto, che si tratti di una focaccia edibile piuttosto che di una cesta come (riscontrato) in uno dei quadri della Casa dei Cervi di Ercolano”. Viene sottolineato che “l’uso di focacce come offerte, che al tempo stesso assumono la funzione di ‘supporti’ o ‘contenitori’ per altri oggetti votivi (frutta in particolare), ha una lunga tradizione nell’Italia del I° millennio a.C. attestata da numerose terrecotte miniaturistiche a forma di focaccia/piattino, trovate nei santuari della penisola”. Il nostro pannello si inserisce, affermano gli studiosi, “in una categoria di nature morte a cui è stato attribuito il nome di Xenia, che significa “doni ospitali” basandosi su una serie di testimonianze letterarie, … dipinti che rimandano alla raffinatezza, non solo culinaria ma anche letteraria ed artistica, del padrone di casa”.

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