Il fosforo (P), con l’azoto (N) e il potassio (K), compone la terna dei fertilizzanti classici indispensabili per la crescita delle piante e quindi della vita nel suo complesso. Ma a differenza degli altri due il fosforo, sotto forma di sali, i fosfati di origine mineraria, evidenzia una presenza limitata sul pianeta a causa da un lato dell’esistenza di  pochi giacimenti a fronte, dall’altro, di un sempre crescente fabbisogno in agricoltura. Non pochi esperti del settore, stando così le cose ipotizzano quindi che prima del petrolio possa finire la disponibilità del fosforo, quanto meno di quello che adesso siamo abituati ad estrarre per via mineraria.

Per nostra fortuna, vogliamo dire di noi uomini alle prese con la necessità primaria di procurarci il cibo, la frazione di fosforo accumulata nei terreni agricoli, ancorchè non immediatamente disponibile per le piante in quanto non solubile, è ampia al punto che qualcuno che se ne intende se la sente di affermare che “ i campi sono una miniera trascurata di fosforo “. Come dire, per esprimere il concetto in soldoni, che se saremo capaci di sfruttare le possibilità che scienza e tecnologia già oggi ci offrono, potremo in futuro approvvigionarci di fosforo in maniera alternativa e al tempo stesso adeguata. Con molti vantaggi sia ambientali che economici. In quale maniera? Semplificando al massimo, in due modi: a) utilizzo di tecnologie fisico-chimiche diverse per il trattamento delle acque reflue urbane, fanghi di depurazione d‘origine sia civile che in qualche caso industriale (industrie alimentari), liquami e deiezioni zootecniche e il digestato che residua dalla purificazione del biogas; b) utilizzo di raffinate tecniche biotecnologiche  per il miglioramento e l’eventuale immissione di microrganismi diversi in grado di sciogliere e portare alle radici  i componenti a base di  fosforo di cui le piante  necessitano per il loro sviluppo.

Il fosforo è elemento chiave in molte funzioni biologiche quali – sono solo esempi – fotosintesi, trasformazione degli zuccheri in amidi, divisione e accrescimento cellulare. Più specificamente in agricoltura migliora la qualità dei frutti e dei semi dei cereali,  aiuta le piante in momenti di stress e, particolare importante di questi tempi stante le variazioni climatiche in atto, migliora, rendendolo più efficace,  l’utilizzo dell’acqua da parte delle piante.

Il cosiddetto “ ciclo del fosforo “, fino alla fine del XIX secolo sostanzialmente equilibrato in quanto  chiuso, si è  “ rotto “ con l’espandersi dapprima dell’urbanizzazione che ha alterato l’equilibrio fra città e campagna e successivamente si è notevolmente aggravato con l’avvento degli allevamenti intensivi che raggruppano in piccole superfici grandi quantità di animali.

Processo di concimazione ante litteram, nei tempi antichi si era soliti disperdere le ossa calcinate (cotte) nei campi. Nel 1842 il grande chimico Justus von Liebig, tedesco, scoprì che l’efficacia concimante era di molto aumentata trattando le ossa, e poi anche le piriti, con l’acido solforico. Di lì a poco, a metà Ottocento, dapprima in Inghilterra poi in America, ebbe inizio la produzione su scala industriale dei perfosfati dalla lavorazione di fosforiti e apatiti.

Oggi le industrie producono un gran numero di fertilizzanti con vari titoli di fosforo, ma la penuria di fosforiti, come già detto, incombe: già fra poche decine di anni potrebbero essere esaurite.  Ma, volendolo, si è ancora in tempo per correre ai ripari.

Oltre che nell’industria dei fertilizzanti (90% del consumo), il fosforo trova utilizzo nell’industria dei detersivi, in metallurgia e nell’industria alimentare

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