da: brescia.corriere.it

Come non bastassero gli sconquassi climatici e le difficoltà che ne caratterizzano pressoché ovunque la sopravvivenza, le rane sono spesso predate nel periodo della riproduzione da bracconieri che le vendono per scopi alimentari. Dopo un anno di indagini dei Carabinieri, un rustico ecoterrorista indigeno da poco identificato e presto a processo, per vendetta nei confronti del Comune dove abita, ha riversato molte decine di chili di olio industriale usato in una pozza d’acqua – vera e propria oasi faunistica – allocata nella splendida, e protetta, cornice dell’Altopiano carsico di Cariadeghe.

In provincia di Brescia, spiace doverlo sottolineare il bracconaggio, cioè la cattura illegale di specie animali selvatiche e molte volte protette, continua ad essere un problema. Un vero e proprio scempio che non trova giustificazione alcuna né nello pseudo attaccamento a tradizioni venatorie impossibili da praticare al giorno d’oggi (con buona pace di chi ritiene che il mitico spiedo “alla bresciana” senza uccelli dal “becco fino, di cui è proibita la cattura, non abbia senso) o ad altre abitudine culinarie di certo non disprezzabili sotto il profilo gastronomico, ma assolutamente incompatibili con le esigenze ecologiche, tipo la cattura delle rane in montagna. Buoni gli uni e forse ottime le altre nei piatti fumanti, ma ciò non conta e non vale a fronte dell’esigenza di salvaguardare il patrimonio faunistico che è di tutti.

L’anno scorso, a Serle, iconico comune dell’altopiano carsico di Cariadeghe, una vera e propria meraviglia ben nota agli speleologi e ai naturalisti, un certo S.Z., un cinquantenne della zona, rustico ecoterrorista indigeno animato da rancori personali nei confronti dell’amministrazione comunale, ha ritenuto – secondo quanto riportato dai media bresciani – vendicare alcuni soprusi a suo dire subiti, avvelenando scientemente con l’immissione di numerose taniche di olio industriale usato la cosiddetta “pozza Meder” – vera e propria oasi faunistica oggetto di adattamento faunistico da parte dell’ente gestore del Monumento Naturale Altopiano di Cariadeghe e di associazioni di volontariato – al momento della riproduzione di massa delle rane e dei rospi a inizio primavera. Uno scempio naturalistico di grandi proporzioni che solo il lodevole impegno dei Carabinieri, che da poco sono arrivati all’identificazione dell’autore del gesto, riesce un poco a mitigare. Un vero e proprio atto terroristico, questo, che ha causato anche danni materiali dell’ordine di diverse decine migliaia di euro, al quale hanno risposto con molto impegno sia l’amministrazione comunale che la comunità serlese, associazioni ed enti diversi e, soprattutto, molti volontari accorsi anche da fuori provincia che hanno cercato di limitare il più possibile i danni salvando, dopo averli tratti a riva e lavati uno ad uno, un discreto numero di rane e rospi.

E’ di queste ultime settimane, invece, nella fattispecie in Valcamonica – con la zona dei comuni di Bienno-Berzo-Sacca-Esine che è risultata, fra diverse altre, la più colpita – la notizia che molte aree montane sono state setacciate da bracconieri senza scrupoli che hanno razziato rane dalmatine e rospi, ovature comprese, per venderle al mercato nero: da 2 a 4 euro per esemplare. In padella, impanate e fritte o a frittata, questo il triste, insopportabile – anche questo retaggio di pratiche di cucina incompatibili con le esigenze attuali – destino di questi anfibi catturati mentre si accingevano a deporre le uova o lo avevano appena fatto. Ma i bracconieri raccolgono anche le strisce di uova appena deposte per allevare i girini in piccole pozze private o addirittura, secondo una moda antica, per passarle direttamente in padella a frittata. Sono razzie dolorosissime per l’ambiente che spesso provocano danni persino alle pozze prosciugate per favorire le catture e, soprattutto, per il depauperamento di un patrimonio naturale già di per se stesso limitato e in via di progressivo depauperamento.

Leave a Reply