Sintesi dei risultati finali del Progetto

Il progetto HelpSoil ha evidenziato come, pur in presenza di differenze ambientali (tipi di suoli, condizioni climatiche e morfologiche) e aziendali (ordinamenti colturali, presenza di zootecnia o meno, diversi sistemi di irrigazione) l’adozione di pratiche di Agricoltura Conservativa da parte delle aziende è possibile e può dare risposte positive sia sotto il profilo agronomico/economico che ambientale:

i suoli sono risultati essere più ricchi in sostanza organica, avere una maggiore attività microbica, una più elevata biodiversità (nei suoli gestiti a “No tillage” i lombrichi sono da 2 a 3 volte più numerosi e i microartropodi del 30% più abbondanti) e una migliore fertilità fisica;

è emersa un’effettiva potenzialità di “sequestrare CO2” nel suolo, soprattutto se il ricorso alle “cover crop” è continuo (fino a 0,4 t/ha/anno), mentre i terreni arati hanno evidenziato rischi elevati e persistenti di perdita di carbonio;

sono state ridotte le emissioni di CO2 dirette, per il minor consumo di combustibili fossili (50-60% in meno per le operazioni di preparazione dei terreni e semina), e indirette, per la ridotta meccanizzazione necessaria; l’”impronta di carbonio” è risultata essere più bassa (in media del 15%, senza considerare l’accumulo di carbonio nei suoli);

le “cover crop” hanno evidenziato un’importanza determinante per l’apporto di biomassa, l’accrescimento della sostanza organica, la conservazione della biodiversità, l’attività biologica, la riduzione delle perdite di nutrienti nell’ambiente, il controllo delle infestanti;

nei terreni in cui si è riusciti ad aumentare il livello di sostanza organica, l’infiltrazione dell’acqua è migliorata e i fabbisogni idrici sono stati più contenuti; la costante copertura vegetale del suolo ha garantito la protezione dall’erosione anche durante le prime fasi di sviluppo delle colture;

è apparso possibile mantenere i livelli di micotossine nella granella di frumento e mais comparabili a quelli della tecnica convenzionale e non aumentare il ricorso a trattamenti fitosanitari;
la presenza sul suolo di “colture vive” (principali e cover crop) ha superato in alcune aziende il 90%, mentre nei regimi convenzionali a volte non ha raggiunto il 50%;

le rese produttive, nelle aziende in cui è stato superato il periodo di transizione successivo al passaggio alle pratiche conservative, sono tornate ad essere analoghe a quelle conseguite con le tecniche convenzionali;
i rendimenti colturali sono stati tuttavia inferiori in alcune aziende nel periodo di transizione o laddove hanno continuato a persistere problemi di compattamento dei suoli, controllo delle malerbe e gestione dei residui colturali;

la durata del periodo di transizione è risultata essere variabile in funzione della natura dei terreni e della gestione agronomica precedente: soprattutto in presenza di suoli limosi poveri di sostanza organica la transizione al “No Tillage” è apparsa poter essere più lunga e difficoltosa;

l’adattamento delle pratiche colturali alle nuove condizioni del suolo è in ogni caso risultato essere indispensabile per una corretta scelta delle modalità più efficaci di gestione delle coltivazioni.

 

Fonte: lifehelpsoil.eu

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