La storica Casa Alinari firma sia l’omonimo libro che la Mostra fotografica, a Trieste, Castello di San Giusto, fino al 23 settembre

“Daniele Duca – nato ad Ancona, classe 1967, accademico dei Georgofili, anche giornalista e non solo fotografo di vaglia – è uno degli Autori italiani di fotografia contemporanea più versatili e creativi; le sue immagini tra identità e memoria sono un armonioso compendio di forma e di contenuto”. Sono parole di Enzo Carli, curatore della mostra “Amanti Piccanti” da pochissimi giorni aperta a Trieste – nello spazio AIM, Alinari Image Museum – nel Bastione Fiorito del Castello di San Giusto a Trieste dove rimarrà aperta fino al prossimo 23 settembre.
Questa mostra, la sesta monografica che Daniele Duca ha firmato per Alinari (legata al tema del food rammentiamo, del 2015, “Pasta – the photographic elegance of De Cecco’s pasta shapes”) è imperniata sulle suggestive e intriganti fotografie, tutte dedicate ai peperoni interpretati nella loro versione più sexy, che hanno dato vita al libro fotografico “Amanti Piccanti”, testo italiano/inglese a cura di Marcello Verdenelli per i tipi, come si diceva una volta, di Alinari IDEA.
In questa sua opera, Duca “ci propone – sono sempre concetti del curatore della mostra Enzo Carli – la sua particolare visione del mondo, testimoniata dal punto di vista della sua ricerca fotografica, utilizzando come soggetti protagonisti, peperoni (amanti piccanti- ma non troppo) che muove ed elabora con il filtro della propria coscienza e capacità per nuove e animate fotografie; immagini elaborate, formali, a volte evocative o ludiche o carnali (o tutto questo) che ne alterano la connotazione di forma per perdersi in un labirinto di riporti emotivo”.

“Frutta, legumi ed ortaggi – da note dell’editore – hanno da sempre avuto l’onore di una posa fotografica, iniziando con i dagherrotipi (n.d.r.: immagini fotografiche formate da un’unica copia positiva non riproducibile. Il processo è stato inventato nel 1837). Nel corso dell’Ottocento questi cibi sono stati fotografati in forma soprattutto di documentazione ed illustrazione, con splendide carte salate, quindi albumine fino ai primi autocromi degli inizi del Novecento”.
(n.d.r. Carte Salate: procedimento così chiamato in quanto dei fogli di carta venivano intrisi con sale comune – cloruro di sodio per lo più – e poi fatti reagire con nitrato d’argento. La carta salata è stata una delle prime carte sensibili usate in fotografia).
(n.d.r.: Albumine: la stampa all’albume, introdotta nel 1850, in breve tempo divenne il positivo fotografico commercialmente più diffuso).
(n.d.r.: Autocromia, procedimento inventato dai fratelli Lumière, gli stessi del cinematografo: consisteva nell’applicare su una lastra di vetro una soluzione di grani di fecola di patate tinti di rosso, verde e blu, creando così un filtro sul quale veniva applicato un sottile strato di emulsione sensibile. Alla fine di un lungo processo si otteneva una specie di diapositiva/lastra trasparente contraddistinta da un caratteristico effetto pittorico).
“Questi ortaggi cominciano a diventare oggetto di indagine fotografica sperimentale ed artistica intorno agli anni ’20 del XX secolo con le splendide fotografie di Albert Renger-Patzsch e ritroviamo negli anni ’30 i peperoni di Weston, incuriosito, forse, dalle strepitose forme naturali dei medesimi che apparivano lette dall’obbiettivo in una forma specifica, come straordinarie composizioni surrealiste un po’ metafisiche”.

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