da: bergamonews.it

Cambiamento climatico e salvaguardia della Terra: dopo le manifestazioni di milioni di giovani in tutto il mondo, i politici e le classi dirigenti nel loro insieme non possono più eludere il problema: sono infatti chiamati a scegliere fra la morte, “certa”, del Pianeta e il suo, “forse”, e comunque molto difficile, salvataggio in extremis. Ma non si può più perdere nemmeno un minuto.

Quella di ieri 15 marzo 2019 è stata una giornata storica. La discesa in piazza, in tutto il mondo, di milioni di persone, soprattutto giovani, a chiedere maggiore rispetto per la natura e l’adozione di misure finalmente incisive per diminuire l’immissione nell’atmosfera dei gas serra principali responsabili dell’aumento delle temperature che sta sconvolgendo tante parti del pianeta, è un evento che non è retorico definire storico. La presa di coscienza collettiva e contemporanea di quella che possiamo definire la meglio gioventù su scala globale è sicuro motivo di speranza. A questo punto non si vede come i politici e le più diverse classi dirigenti sparse per il globo potranno far finta di niente. E’ infatti nata, e si è finalmente espressa, una consapevolezza collettiva dei rischi che la specie umana nel suo insieme sta correndo che dovrebbe portare ad un qualche tangibile cambiamento di rotta. Grazie quindi a Greta Thunberg, la sedicenne svedese che con volontà di ferro e una capacità di comunicazione veramente incredibile – grazie all’uso dei social – ha saputo coagulare intorno al suo sogno consensi impressionanti. Non santifichiamola subito, ma il Nobel della Pace se lo merita proprio.

Le generazioni che in questo momento detengono il potere, e in particolare le più anziane, portano la responsabilità storica di avere ecceduto (è un eufemismo) nello sfruttamento delle risorse naturali e, più ancora e forse soprattutto, di non avere capito – fatte salve le solite e a volte straordinarie eccezioni di personalità e gruppi lungimiranti e consapevoli dell’importanza dei diritti e dei beni comuni – l’unicità di questo Pianeta sul quale abbiamo la ventura di vivere. Unicità che fa sì che gli atteggiamenti di ciascuno si ripercuotano, prima o poi, su quelli di tutti. Piaccia o non piaccia, lo si capisca o meno, è così. Sic et simpliciter, dicevano i romani.

Personalmente sono convinto che fra i mille ostacoli che rendono la strada verso il recupero di una consapevolezza ecologica necessariamente molto allargata, l’atteggiamento miope e molte volte insincero di politici anche di rango e di tanta parte della classe dirigente che continuano a parlare – o ad abbaiare alla luna? – di sviluppo tout court quando ciò non è assolutamente possibile, sia il problema dei problemi. La finitezza del Creato, come a me piace definirlo, semplicemente non lo consente e pertanto le attenzioni, e quindi le risorse, vanno indirizzate e spese per le persone e non per le cose. Soprattutto se fini a se stesse.

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