Sottoscritto un accordo finalizzato ad avviare progetti di ricerca per produrre idrogeno dai rifiuti di imballaggi di plastica non riciclabili

In questo nostro strano e sgangherato Paese le buone notizie, soprattutto di questi tempi, vanno segnalate. E’ il caso dell’accordo sottoscritto pochi giorni or sono da Eni e COREPLA (Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica) finalizzato ad avviare progetti di ricerca per produrre idrogeno dai rifiuti di imballaggi in plastica non riciclabili. Una buona notizia in quanto conferma la svolta green di Eni, uno dei pochi gioielli di famiglia che ci sono rimasti, che si sta impegnando a fondo sul fronte del recupero a scopo “produttivo” dei rifiuti per trarne carburanti “sostenibili” e di qualità. A distanza di una ventina d’anni dalle sue avveniristiche, e in questo caso affrettate, previsioni, le indicazioni del famoso economista e sociologo americano Jeremy Rifkin, autore seriale di bestseller fra i quali il ben noto “Economia all’idrogeno”, potrebbero così, finalmente, trovare sbocco positivo.

L’intesa, firmata da Giuseppe Ricci di Eni (chief della divisione carburanti e prodotti chimici) e dal presidente di Corepla Antonello Ciotti, prevede la costituzione di un gruppo di lavoro congiunto che nei prossimi sei mesi si attiverà per l’avvio di progetti di ricerca per la produzione per l’appunto di idrogeno e biocarburanti grazie allo sviluppo di un virtuoso e innovativo processo di economia circolare, fra l’altro,in linea con le nuove
direttive europee.

Con la raccolta differenziata, gli imballaggi in plastica sono selezionati e avviati al riciclo per essere reimpiegati, prevalentemente attraverso la trasformazione in scaglie e granuli, per poi divenire materia prima utile a creare nuovi prodotti. Non tutto, però, può essere riciclato: il cosiddetto plasmix, un insieme di imballaggi post-consumo costituito da plastiche eterogenee – le cosiddette plastiche eterogenee leggere: tipo pellicole, film, buste e piccoli pezzi di difficile o impossibile lavorazione meccanica – che oggi non trovano sbocco nel mercato del riciclo, è quasi esclusivamente destinato a recupero energetico e in piccola percentuale riversato in discarica. Grazie all’intesa sottoscritta potrebbe essere invece riciclato e trasformato in una nuova materia prima. A condizione, però, e si tratta di un però pesantissimo, che il ministro dell’Ambiente Sergio Costa riesca, o voglia o possa, emanare i cosiddetti decreti End of waste, a partire da quelli da tempo in dirittura d’arrivo ma mai giunti al traguardo, che tutti gli operatori dei diversi ambiti del riciclo attendono con ansia come gli ebrei nel deserto la manna dal cielo. Senza l’indispensabile semplificazione legislativa che dia garanzia di impiego alle materie ottenute dalle operazioni di riciclo, la situazione complessiva è destinata ad incancrenirsi e a tagliare le ali anche alle numerosissime start up che in tutta la Penisola stanno nascendo per trattare i rifiuti non come tali ma fonti di materie prime. Altro effetto molto positivo atteso dalla nuova legislazione, il contenimento delle infiltrazioni della malavita, mafiosa compresa, che sta facendo degli incendi dolosi di depositi di plastica una sorta di sport nazionale. Uno “sport” tossico, in tutti i sensi.

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