dsc_0146

Lo spirito vero di Expo, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, a volte nascosto e/o mascherato da esigenze commerciali di facciata e geopolitica forse inevitabili in una maxi kermesse qual è quella milanese si è steso, come una nuvola benefica in un ambiente assetato, lo scorso 5 giugno, sull’Università degli Studi di Brescia dove si è tenuto il convegno internazionale (patrocinato dal Comitato scientifico di Expo): “Water, Climate, and Socio-economic Impact on Rice Crops: from Local to Global Scale”. Come dire la risorsa acqua, il clima (inteso come cambiamento climatico) e l’impatto socio-economico della coltivazione del riso su scala sia locale che globale. L’interazione, quindi, tra la disponibilità di risorse idriche, le sfide del clima, lo sviluppo socio economico e le colture risicole.
Temi di grande spessore, anche socio politico, in assoluto tenuto conto del fatto che il riso è il secondo cereale maggiormente coltivato al mondo e base alimentare di masse enormi soprattutto in Asia.

Organizzato dal prorettore prof. Maurizio Memo, dal prof. Roberto Ranzi e dalla d.ssa Katherine Ann Koralek, il convegno ha analizzato la tematica a 360 gradi discutendo di aspetti giuridici, ingegneristici, climatici e agronomici (compresa l’utilizzazione degli organismi geneticamente modificati). E’ questa visione allargata che esprime, ci sembra, l’aderenza allo spirito di Expo. Nel dettaglio, i prof. Vera Parisio e Marco Frigessi di Rottalma, ordinari di materie giuridiche all’Ateneo bresciano, hanno introdotto l’argomento presentando, sulla base di un excursus storico, i principi e la prassi del diritto nell’uso dell’acqua – un aspetto fondamentale soprattutto nei bacini transfrontalieri – possibili causa di conflitti per il possesso e/o l’utilizzo del cosiddetto “oro blu”.
Queste problematiche di grandissimo impatto sociale, economico e politico – basta pensare per un attimo all’odierno dramma dell’emigrazione sui barconi – sono risuonate nell’intervento di Abdelsalam Ahmed Abdalla, cattedra Unesco delle acque-Università di Khartoum, in Sudan, che ha posto al centro dell’attenzione il caso della diga CERD (Grand Ethiopian Reinassance Dam) in fase di costruzione sul Nilo Azzurro, al confine tra Etiopia e Sudan, anche con il contributo dell’ingegneria italiana. Un invaso di 64 miliardi di metri cubi di acqua che, a valle, dovrà far fronte alle esigenze irrigue sudanesi ed egiziane concomitanti alla crescente diffusione della coltivazione del riso, ancora oggi insufficiente in quelle regioni e, aspetto altrettanto importante, alla “fame” di energia idroelettrica presente in Etiopia. Senza ovviamente trascurare la necessità primaria della sicurezza idraulica. Problematiche obiettivamente molto complesse da contemperare e risolvere.
Il prof. Claudio Gandolfi, idraulico agrario dell’Università di Milano, da parte sua ha relazionato sulle ricerche sperimentali in atto in Lomellina – terra risicola per definizione – tese a limitare il consumo di acqua nelle risaie lombarde e piemontesi pur mantenendo la tradizionale alta capacità produttiva. Un sistema, quello idrico lombardo, molto complesso e ben regolato sulla base di esperienze centenarie opera di numerosi tecnici e studiosi quali il famoso idraulico Giulio De Marchi, la cui figura è stata illustrata dal prof. Baldassare Bacchi del Dicatam bresciano. Da rimarcare il fatto che il De Marchi, figura di livello assoluto, fra molti altri incarichi esercitò anche quello di direttore del Consorzio del fiume Oglio ancora oggi deputato a regolare il deflusso delle acque del lago d’Iseo.
Le problematiche della risicoltura thailandese e vietnamita – Thailandia e Vietnam sono i due primi paesi esportatori di riso al mondo – connotate da ricorrenti e importanti avversità climatiche (alluvioni, siccità, tifoni tropicali) sono state illustrate da Ngayen Cao Don della Water Resources Universty di Hanoi (Vietnam). Altri due ricercatori indocinesi, Theerayut Toojinda del Centro di ricerche biotecnologiche dell’università di Kasetsart in Thailandia e Lee Quang Hoa del Politecnico di Hanoi, hanno sottolineato la già attuale preminente importanza delle biotecnologie, e in particolare delle ricerche genetiche, al fine di selezionare le specie più idonee ai diversi climi e regimi idrologici. “ La resistenza delle colture indocinesi all’intrusione delle acque marine nelle falde acquifere – hanno evidenziato i due studiosi – alla siccità e alla sommersione prolungata durante le alluvioni è resa possibile anche grazie ad avanzati sistemi di mappatura del genoma e di ibridazione genetica di centinaia di specie di riso messi a punto da laboratori specializzati ”. Un argomento, questo della manipolazione del genoma vegetale, spinoso e dalle molte implicazioni che necessariamente interpella anche il nostro Paese.
A seguire la relazione del prof. Roberto Ranzi del Dicatam bresciano (che da una decina d’anni collabora con l’Università di Hanoi) incentrata sugli effetti del riscaldamento globale e dell’urbanizzazione (con conseguente riduzione di suolo agricolo) sulla domanda idrica per le risaie allocate nel delta del Fiume Rosso in Vietnam.

L’importante presenza dell’Università bresciana in area asiatica trova conferma nell’attività di coordinamento che l’Ateneo svolge nell’ambito della rete interuniversitaria ASEA-UNINET, presente al convegno con la sua referente europea, prof. Carla Locatelli dell’Università di Trento, che ha concluso lavori.

 

Leave a Reply