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Hanno di che essere fieri, perché peggio di così probabilmente non avrebbero potuto fare e comportarsi, Giulia Innocenzi, rampante conduttrice televisiva a senso unico (il suo, ovviamente) e il suo mentore e maestro (in questo caso, cattivo maestro di giornalismo) Michele Santoro che hanno mandato in onda su La7 la puntata di “Anno Uno” intitolata “No Carne?” giovedì 21 maggio.
Ben fieri di aver calpestato un sacco di diritti pur di ottenere audience con il pretesto di aver fatto un servizio giornalistico di quelli che lasciano il segno. Non vogliamo contestare, sia ben chiaro, il diritto di essere contrari al consumo della carne, che va rispettato e rispettiamo, quanto sottolineare l’uso sensazionalistico, spregiudicato e brutale al limite del sopportabile, di immagini carpite nottetempo e in maniera fraudolenta – essendo penetrata l’equipe, capitanata dalla Vincenzi, alle prese con reiterate ambasce olfattive, con l’ausilio di alcuni animalisti in veste di incursori notturni in due o tre lager camuffati da allevamenti suinicoli, senza permesso e avendo rinunciato (questo aspetto ci sembra grave e assolutamente censurabile) rinunciato a denunciare in trasmissione i responsabili dello scempio documentato: come dire che hanno gettato il sasso nello stagno ma ritirato la mano – di maiali ammassati, non si può certo dire allevati, in condizioni inammissibili.

E’ fuori discussione che i responsabili dello scempio documentato vadano perseguiti e puniti nel modo più severo, ma è altrettanto doveroso sottolineare che la trasmissione è stata condotta a senso unico, funzionale alla protesta più proterva e nichilista contro gli allevatori, in questo caso di suini. Il dibattito, che ha giustamente fatto imbufalire il ruvido ma sensato Mauro Corona che di animali e natura ne sapeva più di tutti gli altri ospiti presenti in studio messi insieme e che ha chiuso il collegamento incavolatissimo, è stato praticamente inesistente mentre al giovane allevatore di suini (un allevatore vero) è stato praticamente impedito di parlare ed irriso in maniera vergognosa, e con lui un’intera categoria, quella dei suinicoltori, conosciuta nel mondo per la qualità dei salumi made in Italy.

Il più autorevole critico televisivo nazionale, Aldo Grasso, nella sua nota “A fil di rete” sul Corriere della Sera del 23 maggio, ha letteralmente stroncato la trasmissione: “ la puntata di Announo è stata una delle più brutte trasmissioni che mi sia capitato di vedere quest’anno. … La scuola di Santoro sembra un allevamento intensivo di piccoli estremisti, di talebani del nutrizionismo, di integralisti del cibo politicamente corretto. Nessuna possibilità di avviare un ragionamento di fronte a giovani con la bava alla bocca – un certo Andrea, senza cognome, è stato in questo senso un vero e proprio campione di iattanza ignoranza e meschina spavalderia, ndr – che però non sanno nulla del mondo contadino, della filiera del cibo, che vorrebbero morto (ecco il capolavoro dell’Andrea di cui sopra) un povero pensionato il cui torto è di allevare quattro capre e cinque galline”.

L’autorevolezza di Aldo Grasso ci esime da altre considerazione sulla qualità del prodotto televisivo servito da Giulia Innocenzi, ma ci preme porci poche e semplici domande. Premesso che il sistema dei controlli sanitari in Italia è di prima qualità e la tracciabilità del sistema offre ampie garanzie e sottolineato che, purtroppo, i delinquenti sono presenti in tutte le categorie e che le patologie vanno curate e se necessario estirpate, come è possibile che le ASL competenti non siano venute a conoscenza della presenza, si fa per dire, di questi allevamenti? Ha forse ragione il Veterinario Ufficiale – almeno così si è auto dichiarato ed auto denunciato ma senza palesare né il volto né, tanto meno, le proprie generalità, un medico veterinario – che ha accusato indistintamente le ASL o di non fare i controlli o di farli pilotati? Ammesso che così sia deve avere il coraggio civico di denunciare i fatti alle competenti autorità e non nascondersi dietro un anonimato pavido. Parla fino in fondo o taci, ma sii coerente con te stesso, come recita un vecchio adagio. Ci sembra assolutamente corretto che la FNOVI, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari sia insorta chiedendo pubblicamente che il Veterinario Ufficiale (che in tale veste ha la qualifica di pubblico ufficiale) sia identificato e si assuma le sue responsabilità a salvaguardia dei moltissimi veterinari italiani che svolgono un lavoro coscienzioso e assolutamente meritevole a favore della sanità pubblica.

A questo punto ci chiediamo, e rivolgiamo la domanda a politici ed amministratori, ben più di noi esperti in materia, in presenza di un clima di sfascio generalizzato che sta intaccando anche una delle barriere più solide del sistema agro-alimentare italiano qual è la Veterinaria Pubblica, siamo proprio sicuri che i controlli debbano rimanere in mano alle Regioni? Non è forse il caso di controllare, ma sul serio, i “controllori”?. Siamo proprio sicuri che l’autonomia regionale sia il meglio, la risposta giusta a tutto e per tutti? Personalmente ho molto dubbi.

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